Al Vittorio Emanuele “L’Onorevole” di Vetrano e Randisi

L’indissolubile duo palermitano Vetrano e Randisi torna a calcare le scene del Vittorio Emanuele con  la commedia in tre atti “L’Onorevole” di Leonardo Sciascia, da loro diretta ed interpretata. Siamo in Sicilia, nella prima metà del ‘900, la modesta e noiosa vita del prof. Frangipane (interpretato in maniera un po’ incolore da Vetrano), irreprensibile docente di lettere e lettore accanito di Cervantes, viene stravolta dall’offerta di una candidatura come deputato alle elezioni politiche. Il professore accetta e inizia un’avventura che sconvolgerà la sua esistenza e quella dei suoi cari. La sua ascesa politica diventa inarrestabile ma, ahimè, parallelamente i suoi scrupoli diminuiscono sempre più, fino a scomparire del tutto. La corruzione dell’inappuntabile Frangipane è così evidente che l’innamoratissima moglie Assunta (la bravissima Laura Marinoni), non ne può più e lo esorta a ritornare l’uomo e la persona di prima. Ma la moglie è l’unica a detestare la connivenza tra politica e malavita, alti prelati e criminalità, tradimenti pubblici e privati. La sua voce onesta diventa sempre più debole e inascoltata e, ritenuta pazza, le viene consigliato un periodo di “riposo” lontano dalla famiglia, per non intralciare la carriera del marito. Come non accostare la figura di Frangipane a quella del pirandelliano Ciampa, in questo Sciascia disincantato e senza tempo? La scenografa Mela Dell’Erba  realizza  uno spettacolo costruito con professionalità e passione, con scene, scarne ma efficaci, una  metaforica scatola che, dapprima piccola e calda, si ingrandisce man mano che la storia si snoda, diventando  sempre più incolore, fredda e cupa e in cui Vetrano (il prof.Frangipane) e Randisi (Monsignor Barbarino) e gli altri interpreti, si  muovono dapprima  con disinvoltura, per trasformarsi  a poco a poco in sagome sempre più ingessate e quasi inanimate. Il finale, un misto tra Pirandello e Brecht, spiazza e sorprende, ma al contempo disillude con il suo misto di finzione e realtà, e spinge all’amara considerazione che la profezia di Sciascia è stata di gran lunga superata dalla  quotidianità e non stupisce più lo spettatore. E forse anche per questo l’accoglienza del pubblico del Vittorio Emanuele è stata piuttosto tiepida.

Gi Zeta

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