“Come stai?” “Bene” Rompere gli schemi esercitando l’intelligenza emotiva

  • “Ciao! Come stai?”
  • “Bene, tu?”
  • “Bene!”

[momento in cui non si sa che dire e quindi si sorride]

  • “Sentiamoci!”
  • “Certo!”

[mentire spudoratamente con un reciproco e tacito accordo, sempre sorridendo]

Mi hanno sempre affascinato queste routine. Sono rassicuranti e funzionano perfettamente quando si tratta solo di un conoscente che non ti ha veramente chiesto “come stai?” e a cui tu, a quel punto, non hai voglia di rispondere sul serio. Ma guai a sbagliare schema. Si crea inevitabilmente imbarazzo, anche se proprio per questo può avere risvolti divertenti.

Secondo Dunbar possiamo gestire circa un centinaio di amici; ovvero, sono circa 100 le persone a cui risponderemmo sul serio. Ma magari fosse così. Secondo me rispondiamo alla domanda veramente a pochissime persone. Potreste fare un piccolo test per verificare quanti vi rispondono.

Forse perchè per rispondere ci vuole innanzi tutto tempo: per dire come stiamo probabilmente dobbiamo fermarci a riflettere e quando le interazioni sono veloci, quando percepiamo di non avere abbastanza tempo, quando pensiamo che l’altro non sia veramente interessato a saperlo e di non poter riassumere in poche battute quello che ci sta capitando, preferiamo omettere e andare sul sicuro, difenderci dietro una parola che fa filare tutto liscio, che non ci costringe a pensare, a fermarci.

Inoltre non è detto che quello che abbiamo da dire sia piacevole. Magari ci vengono in mente solo problemi, difficoltà, preoccupazioni che non abbiamo voglia di esternare. Come se queste immagini non avessero il diritto di rovinare un momento così ameno.

Mi chiedo cosa succederebbe se innanzi tutto ci prendessimo del tempo. “Come stai?” “Uhm, fammi pensare…”. E mi chiedo se invece di parlare in modo diretto dei nostri problemi, di difficoltà o preoccupazioni utilizzassimo le immagini.

Ci siamo dimenticati del potere della metafora? E’ una ri-scoperta! Permette di dire come ci si sente, di essere autentici, non “ruba” molto tempo, arricchisce la conversazione e soprattutto esercita la nostra intelligenza emotiva e relazionale.

Voi non vi siete mai sentiti “con le pile scariche”, “come una Ferrari su una strada di paese”, “come un agnello in mezzo ai lupi” “come se aveste una matassa da sbrogliare” o “in una bolla di vetro”, “in gabbia”, “come sott’acqua” “come quel momento in cui sta per arrivare una puntura” “sopra le nuvole” o “a un metro da terra”?

  • “Beh allora Come stai?”

  • “Uhm, vediamo… Mi sento come…”

…continuate voi.

Amelia Rizzo

Amelia Rizzo

Amelia Rizzo, classe 1986. Si laurea in Scienze Cognitive e Psicologia presso l'Università degli Studi di Messina. Collezionista di titoli, a causa della sua passione per la Ricerca viene condannata a tre anni di Dottorato, ma pare ne abbia già scontato la metà. Chiamata a curare la rubrica di #psycologia, non ha potuto rifiutare questa insolita richiesta d'aiuto.
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