Tra le tante peculiarità tipiche siciliane, una di queste è il cùbburo (o altrimenti chiamato cubo o capanno a thòlos): certamente meno diffuso e conosciuto tra la popolazione locale e non, ma di certo non meno curioso e interessante, dal momento che come tutti i luoghi-simbolo siciliani porta con sé e custodisce un pezzo di storia. Partendo da un punto di vista etimologico “cùbburo” è un termine derivante dal latino (cubuscere), che significa letteralmente dormire in posizione raccolta. (i primi cùbburi infatti servivano per tumulare i defunti). Si tratta di un edificio di dimensioni ridotte a forma circolare o quadrangolare costruito con pietre a secco disposte concentricamente, terminanti con una sorta di cupola. Queste singolari costruzioni sorgono su terreni leggermente in pendenza e richiamano molto le immagini dei trulli pugliesi. I primi cùbburi risalgono all’età megalitica ma sono stati costruiti fino agli albori del Novecento, e nello scorrere dei secoli hanno svolto molteplici funzioni: grazie alla loro efficace resistenza alle intemperie e alle calamità sono stati poi sfruttati come luoghi di ricovero per pastori. I materiali impiegati per l’edificazione erano pochi e semplici. Con il tempo ne sono stati costruiti di più grandi e sono stati utilizzati come abitazioni, dotati di vere e proprie cisterne. In seguito sono state modificate alcune tecniche di costruzione, ma la gran parte delle caratteristiche architettoniche sono state lasciate indenni nei secoli. I cùbburi sono particolarmente diffusi nella zona dei Nebrodi, ma anche alcune zone in provincia di Messina hanno la possibilità di vantare la presenza di queste costruzioni dal fascino antico e rustico, tra cui Floresta, Patti, Montalbano Elicona e Tripi. La bellezza di questi luoghi merita senza dubbio una maggiore valorizzazione, e vale la pena soffermare la nostra attenzione verso posti così poco noti ma allo stesso tempo così apprezzabili.
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