“Metti una mattina Scirokko e Lillo Messina”

Lillo Messina. Artista Messinese (di Paradiso, località sul mare, poco distante dal centro cittadino), appartenente ad una famiglia di uomini di mare, dopo tanti anni torna nella sua città. Perché tanta assenza? Voluta, forzata o entrambe le cose?

Beh, forse entrambe. Da ragazzo, pur essendo legato affettivamente alla mia terra, ho deciso di uscire dal mio contesto natìo e seguire i miei interessi artistici che vedevo altrove… A Palermo, a Siracusa, a Roma. La mia terra l’ho sempre portata con me, anche nei miei quadri, perché i ricordi te li porti nella mente ed in quello che fai. Ma non mi sono mai approcciato al ricordo con malinconia, sempre con gioia (a primo sguardo, infatti, le opere in mostra sono un’esplosione di colore) e soprattutto mai con retorica. Il contatto con la natura, il profumo del mare, il calpestare la spiaggia, il rumore incessante della risacca, lo Stretto, il sale del mare, l’odore delle alghe, le correnti discendenti e montanti che sullo Stretto sono elementi di grande caratteristica, ecco ovviamente sono sempre stato dentro di me, diventando le mie tele.
Il punto è che a Messina mi sono sempre sentito di passaggio, la città stessa l’ho sempre vista poco definita (si pensi a “L’isola vagabonda” in mostra). Negli anni sono tornato più volte nella mia terra (a Trapani, a Palermo) e soprattutto nella mia città, per la famiglia e perché cercavo un imput per fare qualcosa. Ma ho sempre trovato tutte le porte chiuse, innanzitutto da parte delle istituzioni. Vedi ( – diamoci del tu, altrimenti cominciamo con tutti quei formalismi e barriere che tanto “ingessano” questa città! – ), in Sicilia ed in particolare a Messina confermo, tornandoci, che nelle iniziative culturali, artistico – culturali o comunque atte a portare un po’ di novità… i grandi assenti sono sempre le istituzioni. Un vero peccato…
Questa mostra è frutto di un’occasione fortunata, accaduta per caso ed io, cercando, l’ho colta al volo, a maggior ragione perché proveniente da gente più giovane di me, con cui ci può essere (come c’è) un bel confronto e scambio.

Nei suoi lavori esposti si nota, a parte una certa inquietudine (specialmente della sua prima fase lavorativa), anche se le tinte dichiaravano già la sua propensione ad abbracciare innanzitutto una dimensione gioiosa, una acuta riflessione sull’uomo e sul rapporto fra questo e la terra che abita. E’ presente in quasi tutte un elemento di speranza (anche solo un cielo sereno) ed uno di rottura. Persino in “Protagonista l’uomo”, dove il messaggio è forte (un uovo che custodisce un pulcino ucciso sul nascere da diverse coltellate), lo sfondo della scena è un cielo sereno. Sembri sempre in bilico fra costruzione e decostruzione. Ma negli anni, la tua posizione si è fatta più netta o si sente sempre in bilico fra positività e negatività?

Una visione netta proprio non ce l’ho, ma perché non la ricerco. A me interessa l’essere in bilico, appunto. E’ l’incognita che stimola l’attenzione. In particolare ciò che più mi interessa è mettermi in discussione e fare mettere in discussione chi osserva. Predisporsi al dubbio è fondamentale per la comprensione.
In tutte le mie opere c’è un oggetto spiazzante, imprevedibile, che sollecita delle domande, ci interroga e rimane in attesa di una risposta che non è detto che si capisca. Tutti gli oggetti che popolano le mie opere non so cosa siano e non lo voglio sapere, anzi, guai se lo vengo a sapere… Se lo venissi a sapere, sarebbero opere monotone, piatte, svilite.

A proposito di oggetti, di simboli, nelle tue tele oltre l’uovo (simbolo di vita per eccellenza), ricorre spesso un uccello, simile ad un tucano. Per esempio in “Arcobaleno sul mare” esso troneggia sopra un gancio, attorniato da una splendida distesa di mare. Potremmo vederlo come il narcisismo dell’uomo contemporaneo o come la raffigurazione del bisogno, da parte dell’individuo, di un proprio posto nel mondo?

Mah… Io non sono per dare significati. Disegno e basta. L’uccello in questione è innanzitutto finto, di porcellana, molto inventato. Ma sicuramente quell’uccello aspetta qualcosa, possibilmente di positivo, anche qualcuno… che sia però degno a convincerlo a spiccare il volo ed a farlo insieme o con cui restare. Potrebbe essere, quindi, l’aspettativa, la presenza della speranza.

In queste tele la perfezione tecnica si scontra con “l’imperfezione” di ciò che viene rappresentato, quasi a volerlo “aggiustare” e nel contempo esaltare.
Secondo te la tua terra, soprattutto la tua città può essere “aggiustata”?

Bah, non è facile rispondere a questa domanda. Dipende sempre molto dall’uomo, da cosa facciamo noi. La speranza c’è, ma è anche molto presente la consapevolezza della difficoltà a realizzare un “aggiustamento”. Certo non si può pensare che si debba aspettare il momento giusto. Se si riflette troppo si perde tempo ed il momento giusto per il cambiamento non avviene mai.

E l’artista, rispetto al contesto appena descritto, come lo vedi?

Decisamente un po’ maluccio (risate ndr). Certamente ha un ruolo importante in quanto custode e promotore di bellezza, intendendo questa nell’accezione più ampia del termine, ma proprio per questo lo vedo in grande difficoltà. Viviamo in un mondo, facendo un riferimento particolare al nostro Sud, dove la bellezza, ossia la creatività pura, sana… non è ritenuta uno degli elementi fondamentali, cosa che invece è.
L’esperienza che sto facendo qui a Messina è sicuramente positiva, per il rapporto instaurato con gli organizzatori (Team Project per Le Scalinate dell’arte – ndr), con il curatore (Mosè Previti, storico dell’arte), anche per gli utenti della mostra che sembrano interessati, curiosi… Ma poi le “famose” istituzioni non si incontrano mai. E ritengo che questa sia una cosa profondamente negativa. Tornando, sto notando ancora queste cose, confermo che la città ha bisogno di un restauro incredibile, cosa che viene tentata da pochi e quindi non si realizza mai perché annientata da un fortissimo provincialismo.

Tu noti che è un problema della Sicilia o specificatamente di Messina?

Mah, direi soprattutto di Messina. Fra le città della Sicilia che conosco un poco, Trapani è già più dinamica, per esempio… Certo non paragonabile, purtroppo, a certe città del Nord, ma comunque un piccolo fermento c’è.
Qui a Messina, invece, sto notando un grande sforzo di alcuni e un piattume devastante.
Ma non ci arrendiamo. Io spero che questa mostra, a prescindere che è la mia, costituisca un’occasione positiva per me stesso che la sto facendo e per la città, per la creazione di altre mostre di altri artisti anche di fuori. Insomma che sia l’opportunità per l’inizio di un confronto, la possibilità di vedere che il confronto con il nuovo non è qualcosa di nocivo. Esso è dialogo, è dinamismo della mente, è fondamentale. Spero che le istituzioni si rendano conto di quanto sia grave rimanere indifferenti di fronte alla potente bellezza dell’arte e della cultura.

Ed il “mito”, altra bella presenza in mostra, è più uno strumento per fuggire o un elemento per trasmettere una attenta riflessione sulla realtà?

Un elemento per fuggire sicuramente no. Come si può fuggire dal mito? Esso una volta che nasce si fa passato e quest’ultimo necessita di essere contemporaneizzato, non per tornare o restare indietro, piuttosto per capire il presente ed andare avanti… per questo mito e passato sono presenti in mostra. Attraverso il mito, il simbolismo, la riflessione sul passato vorrei dire che c’è sempre qualcosa da poter recuperare e trasformare per andare oltre. L’importante è vedere tutto come un insieme dinamico, mai spezzettato e fermo.

Ultima battuta. Molti si interrogano sulla tua tecnica artistica. I tuoi lavori sembrano delle vere fotografie. Diciamolo una volta per tutte: lavori in piena autonomia dalla fotografia oppure no?

Assolutamente in autonomia. Certamente non posso portarmi una boa a casa e per questo la guardo in fotografia, ma ogni opera è frutto esclusivamente della mia mente e della mia mano. Avranno portato a qualcosa circa 50 anni di lavoro pieno di ricerca, di emozione e visione!

Si ringrazia il fotografo Gianmarco Vetrano per la concessione della foto di copertina di questa intervista.

Laura Faranda

Laura Faranda

Nata a Messina nel 1984. Critica e curatrice di Arte Contemporanea. Anche Dottore di Ricerca in Geografia Umana e Culturale, per questo particolarmente sensibile all'interazione arte/territorio. Ama l’arte ed ogni suo riflesso: dalla tradizione artistica medievale alle espressioni di avanguardia, purché non si cada nel cattivo gusto. Desiderosa di conoscenza, sperimenta spesso i più diversi canali di ricerca. Per scirokko.it cura si occupa di critica d'arte contemporanea e della promozione di nuovi artisti e di eventi culturali messinesi e siciliani.
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