L’Uomo windows è un libro di Pasquale Romeo, Psichiatra e Professore di Psichiatria presso l’Università per stranieri “Dante Alighieri” di Reggio Calabria, Responsabile di Psichiatria e Psichiatria forense per il gruppo di ricerca di Scienze medico-legali, sociali e forensi dell’Università di Siena.
In undici intensi e fluidi capitoli l’autore snocciola la questione identitaria ai tempi di facebook. Ipotizza infatti un ruolo fondamentale della tecnologia nel nuovo modo in cui possiamo leggere l’esperienza dell’esistenza nell’epoca ultra-moderna, da cui la postmodernità è stata soppiantata.
In un’epoca in cui il tempo sembra essersi vertiginosamente accelerato – spiega l’autore citando Emerson (1962) – siamo nella condizione in cui “pattinando sopra il ghiaccio sottile, la nostra speranza di salvezza sta nella velocità” (p.71). Ma quali conseguenze per la nostra vita psicologica?
La tesi principale sostenuta dall’autore è che le categorie condivise su cui si è finora basato il concetto di identità (stabilità, continuità, storicità…) non sembrano poterci aiutare a descrivere e comprendere l’identità dell’Uomo windows. Al centro (in senso narcisistico e diffuso) di mille finestre, mille possibilità, mille amici di facebook, si muove velocemente, cambia lavoro, cambia città, cambia moglie come cambia il taglio o il colore dei capelli. In questa dimensione frammentata e nell’illusione di cambiare sempre, facilmente, identità con un click, vive un’intensa angoscia: non avere il tempo. L’autore ricorda “il nostro tempo è uguale, oggettivamente, a quello di 50 anni fa, […] la giornata è sempre di 24 ore” (p.70), allora perchè l’Uomo windows non ha mai tempo? Dove trova il tempo di stare in contatto con mille amici?
Non è il tempo oggettivo che ci manca, ma quello soggettivo, interiore, il tempo di mettersi in ascolto dell’altro, di coltivare la sua immagine (e la relazione) dentro di noi e quindi la nostra identità. Non abbiamo il tempo di connetterci al passato, alla storia, alla tradizione, di mettere radici. Un albero privo di radici non può dare nutrimento alle sue foglie, ai suoi frutti: simbolicamente non può immaginare il futuro. L’Uomo windows resta focalizzato su un presente vincolante, da saturare, da spremere, perchè poi passa ed è perduto.
In ultima analisi, (e qui troviamo l’originalità del pensiero espresso dall’autore) il senso di frammentarietà, la paura della perdita, il senso di precarietà che investe l’identità ci pone in una condizione assimilabile ai pazienti borderline: “l’uomo frammentato senza futuro, che vive solo nell’immediato e che sfugge con le sue mille finestre” (p.93). Il principio di piacere freudiano ha saltato il passaggio del compromesso con il principio di realtà, per vivere nell’effimero, senza legami (Romeo, 2009), senza impegno, senza la fatica e i momenti di frustrazione che può avere una relazione profonda.
Quella dell’uomo windows è una condizione a cui pochi possono sottrarsi (col rischio di non esitere?) e su cui tutti dovrebbero riflettere. In questo senso, l’autore accompagna il lettore nella comprensione sempre più approfondita e argomentata sulla gassosità – stato successivo alla liquidità di Bauman (2007) – della nostra identità. Leggere il libro può essere la prima dose di vaccino.
Riferimenti bibliografici
Emerson R.W., (1962). Saggi. Boringhieri, Torino.
Romeo P., (2009). Senza legami. Armando editore, Roma.
Bauman Z., (2007). Il disagio della postmodernità. Bruno Mondadori, Milano.
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