Possession

E’ piuttosto probabile che un tempo, parlo di un tempo molto lontano, il rapporto fra l’uomo e gli oggetti fosse diverso da come lo è oggi. Che una volta, prima della sedentarietà, del villaggio, della famiglia, della casa etc… l’usa e getta fosse molto in voga. Dico questo perchè volevo introdurmi nel fantastico mondo della relazione, del rapporto, e più che con gli oggetti credo sia giusto dire con i propri averi, ed anche se l’aggancio non è dei migliori, serve a far da contrappeso, a relativizzare la situazione attuale. Senza scivolare nei casi estremi in stile “accumulatori seriali” è indubbiamente vero, a meno di prove contrarie ovviamente, che ognuno di noi gode o soffre, dipende dai punti di vista, della “perversione affettiva” del possesso. Oggetti, persone, ricordi, capelli, città, strade ognuno ha un campo nel quale non riesce ad andare oltre. Io uso ancora le scarpe dei tempi di scuola e guai a chi me le tocca, le indosso ancora con la stessa passione e con lo stesso orgoglio di quando a quindici anni me le sono ritrovate, è proprio il caso di dirlo, fra i piedi. C’è chi non riesce a superare un ricordo e ci vive dentro, chi non cambia taglio di capelli per lo stesso motivo di chi non abbandona/supera le proprie relazioni interpersonali per un miscuglio di fattori quali abitudine, certezza, e paura dei loro contrari. Eppure si può imparare facilmente una lezione, basta che il caso ci metta lo zampino. Capiterà, perchè capiterà, un giorno di perdere qualcosa alla quale eri – data la tua “perversione affettiva” – affezionato, oggetto, persona, ricordo, capello, città, strada o scarpa che sia e sarai costretto a farne a meno, ad incontrare la tua paura adesso fattasi realtà, a starci seduto, a provarla-sentirla (to feel), e per forza di cose, a trasformarti, andare oltre. La mutazione, fra disperazione, pianti, litigi, bestemmie, dolori, psichiatria, alcool, entrare con una forma ed uscirne con un’altra: è proprio della vita su questo pianeta. E’ piuttosto probabile che un tempo, parlo di un tempo molto vicino, il nostro, il rapporto fra l’uomo e i propri “averi” viva una situazione per certi versi paradossale: giacchè l’iperconnessione, la velocità degli scambi, verbali, visivi e commerciali suggeriscono una diversa interpretazione del rapporto, molto meno verticale (profondo) e molto più orizzontale (superficial), un ritorno all’usa e getta dei tempi lontani, ma in realtà in questo magma caotico e caldissimo – rosso, con le bolle – sopravvive ed anzi impera un’altra forma “possessuale” (e sesso e possesso non fanno rima mica a caso), che sfugge si all’orizzontalità della superficializzazione velocifica ma non raggiunge mica la profondità del verticale, si staziona come “perversione affettiva” nel pieno centro dei due mondi, non ti fa andare nè di qua nè di là, ti fa possedere possedendoti, ti soggioga, con la paura di perdere, di avere, e lede in maniera radicale al principio della libertà: costringendo la tua vita ad un rimpicciolimento.

Antonello Giamboi

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