Spettacolarizzazione del dolore. La tv dei non-giornalisti

Il buon giornalista sa perfettamente che ci sono delle regole da seguire per la costruzione di un articolo o servizio. Conosce le dinamiche per catturare l’interesse del lettore. È in continuo aggiornamento sulle ultime normative nazionali. Rispetta una seria deontologia, e una propria etica personale. Deve avere l’acutezza di trovare la notizia giusta, osservando il tradizionale format delle “5 W”, who (chi), what (che cosa), when (quando), where (dove), why (perché). E infine, lo stesso giornalista richiama l’attenzione di chi compra giornali e segue i notiziari in tv, trattando determinati argomenti, che possono essere raggruppati nelle famose “5 S”, sesso, sangue, soldi, spettacolo e sport.

foto interna al pezzoC’è chi invece è al timone di trasmissioni e contenitori pomeridiani, nascendo come uomo o donna di spettacolo e poi, lungo la carriera si ritrova in uno studio televisivo a trattare temi di cronaca, a intervistare personaggi-chiave o a decretare l’esito indagini in corso. Chi, per questioni di mero intrattenimento televisivo, costruisce trame, inquadrature, atmosfere, sfruttando casi realmente accaduti, e marciando sull’emotività e il dolore dei protagonisti delle vicende. Questi “professionisti della notizia” possono esercitare liberamente l’irrispettosa attività di sciacallaggio mediatico pur non avendo le credenziali richieste?

A quanto pare no, e una lezione di correttezza l’ha impartita il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, con la denuncia fatta alla “soubrette” Barbara D’Urso, con l’accusa di compiere “un’attività specifica della professione senza rispettare le regole”. Adesso non vogliamo ricostruire il fatto, bene o male è noto ai più. Il problema reale è che, purtroppo, i vari casi Franzoni, Scazzi, Rea, e i più recenti, l’assassinio di Elena Ceste e del piccolo Loris Stival, anziché essere raccontati, con l’unico obiettivo di offrire informazione al pubblico, diventano cibo per gli squali che nuotano nell’inquinato mare della televisione. Predatori, mascherati da innocui delfini che, con la loro abilità attoriale, riescono a inabissare e manipolare la mente di chi li segue dagli schermi televisivi, e ancor peggio, ottengono il risultato sperato facendo cadere in trappola le inesperte vittime degli episodi di cronaca, trasformandoli per un giorno nelle star di un angusto teatrino. L’unica cosa che resta da fare al pubblico indignato da questi abusi, pubblico cosciente e maturo, è quella di boicottare questi “drama-show”, manifestando il loro dissenso criticando apertamente, attraverso infiniti mezzi, tra cui i social, le malefatte dei falsi moralisti conduttori, o colpendo ferocemente nell’orgoglio dell’auditel, cambiando semplicemente canale.

Dario Donnina

Dario Donnina

Dario Donnina

Giornalista trentaquattrenne messinese, laureato prima in Lingue e Letterature Straniere, poi in Metodi e Linguaggi del Giornalismo presso l’Università di Messina. Ha trascorso periodi di studio e lavoro all’estero. Dal 2011 al 2013 coordinatore dell’Hay Festival Segovia, evento internazionale che si svolge ogni settembre a Madrid. Su scirokko.it è sua la firma della rubrica Storie.
0 Commenti

Scrivi un Commento

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com