Luciano Panama, l’artigiano della musica

Cantautore, polistrumentista e produttore. Luciano Panama accompagna la canzone in tutte le sue fasi fino a reinventarla dall’inizio, magari anche sul palco. Adesso, dopo la lunga esperienza con gli Entourage (in momentaneo stand-by), porta avanti un progetto da solista (Enter in Our Age) e l’idea di un album che uscirà nel 2016 e che sarà caratterizzato da un mix di qualità e armonia.

Il racconto del tuo percorso musicale non può prescindere dal racconto degli Entourage. Cosa è avvenuto nel vostro cammino comune?

Abbiamo iniziato a suonare parecchio tempo fa, nel 2000, in piena post-adolescenza. Durante gli anni trascorsi insieme, abbiamo pubblicato 2 album e un mini-album, abbiamo partecipato a tanti concorsi, tra cui la vittoria ad Arezzo Wave 2006, e realizzato un numero infinito di live. Non è stato semplice fare tutto ciò. Messina è sempre stato un luogo complicato dove poter riuscire ad organizzare qualcosa di valido, sia per la carenza di strutture sia per lo scarso interesse ad investire sui gruppi emergenti. Da pochissimo tempo vedo qui un diverso fermento musicale. Comunque, nel 2013 abbiamo pubblicato il nostro secondo album (Vivendo Colore, ndr.) che ha avuto un ottimo riscontro. Successivamente, però, si è reso necessario un cambiamento, quindi ho deciso di proseguire da solo con il progetto Enter In Our Age: uno spazio in cui registro, masterizzo e produco da solo i brani che ho scritto. Diciamo che potrei definirmi un artigiano della musica.

Cosa porti con te dell’esperienza con gli Entourage?

Sicuramente, una maggiore consapevolezza di me stesso come musicista. Una consapevolezza che mi ha consentito di cimentarmi in un percorso solitario anche nelle esibizioni dal vivo in cui suono accompagnato solamente dal pianoforte o dalla chitarra. Talvolta, però, sono contento di avvalermi pure di alcune collaborazioni, anche da parte degli ex componenti degli Entourage.

Nella scrittura dei testi ti sei spesso ispirato a qualcosa? E negli Entourage c’era una reciproca interazione in quest’ambito o l’idea proveniva solo da te?

All’interno del gruppo, la sorgente dei testi ero solo io, ma non mi sono mai ispirato a nulla di predefinito. Ho sempre lasciato andare la mia fantasia che, a volte, si fa incuriosire da ciò che quotidianamente le sta attorno. Infatti, sono molto legato al tipo di scrittura del testo che riguarda la musica d’autore che sono sempre stato abituato ad ascoltare, sin da piccolo, grazie a mio padre. Per me è stato ed è un genere molto importante perché rappresenta quel tipo di musica dove risalta chiaramente la ricerca e la passione di colui che la scrive. E’ quel prodotto concepito da chi cerca di raccontare, attraverso il proprio vissuto, la propria idea della vita. Questo modo di sentire addosso la musica mi permette di recepire buone sensazioni da ogni genere musicale.

Infatti, anche in quel che fino ad ora hai pubblicato, si può notare una notevole diversificazione degli stili musicali.

Assolutamente. Sento il bisogno di variare in continuazione e di virare verso qualcosa che ancora non ho fatto perché, dopo un po’, arriva la noia ad insidiarmi. Anche quando mi metto alla ricerca di musica da ascoltare, non scelgo né gli album né gli artisti che si muovono sempre all’interno delle stesse sonorità. Credo che la musica debba essere come un prisma, come uno spettro visibile, ossia come qualcosa che consente a tutto ciò che la compone di apparire ed espandersi. Questo è un concetto che ho cercato di esprimere anche nei testi delle canzoni pubblicate dagli Entourage. E l’idea di continuo movimento in evoluzione la perseguo anche nelle performance dal vivo, dove un brano viene sempre rivisitato ed eseguito in chiave del tutto inedita.

Cosa racconterai nel primo disco di Enter In Our Age? E quale sarà il filo conduttore dei brani?

Non saprei dire quale perché tutto avviene in maniera assolutamente spontanea. Il filo conduttore sorge da sé, realizzando il disco, rielaborandolo e collegando gli equilibri dei vari pezzi. Magari, razionalmente, in una fase successiva, si potrà aggiungere un arrangiamento più adatto o modificare un’armonia ma il percorso logico di un album lo sceglie l’album stesso. L’unica idea che muove questo primo disco è il racconto della canzone, cioè quanto non sia affatto semplice saper scrivere una canzone bella e che sappia trasmettere determinate sensazioni. Sicuramente, nel disco ci saranno sia le facili armonie che le variazioni strumentali più complesse, proprio perché non è nella mia natura di musicista stare all’interno di un singolo schema.

Fabrizio Santoro

Fabrizio Santoro

Fabrizio Santoro. Inizia questa vita nel 1984 e per uno scherzo del karma diventa un consulente del lavoro. Colleziona lauree, tra cui una in giornalismo. Nutre passioni morbose e viscerali per la poesia (sia in veste da lettore che, soprattutto, in veste da scrittore) e per la musica. Dentro l’utero materno, al 6° mese, sente il primo pezzo: Radio ga ga dei Queen. Nasce prematuro per completare l’ascolto dell’intero album.
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