Umanità, abbiamo un problema | scirokko.it

Un’altra brutta pagina è stata scritta il 22 marzo a Bruxelles e la sensazione è che non sia la fine ma l’inizio, un nuovo terrificante inizio di una società da una parte piena di paura e dall’altra di umanità. Perchè è con questo sentimento di solidarietà umana, di comprensione e di indulgenza verso gli altri uomini che la società ha sempre e comunque ricominciato da capo. Come si vive dopo un attentato? Non si vive. Se prima erano “barriere burocratiche” a dividerci, frutto di pregressi fatti storici e politici, oggi cos’è che veramente ci divide? La risposta sembrerebbe chiara e semplice: l’odio. Un odio con il quale dobbiamo convivere ma controllare, pena la nostra salute mentale. E le domande sono rimaste le stesse. Si potevano evitare simili massacri? Perchè non ci sono ancora abbastanza informazioni per prevenirli? Un altro odio si rintana dentro di noi. Quello della non comprensione, della disfatta, della resa. Chi deve davvero difendere l’umanità? Ci dicono di essere più forti, di continuare a uscire, di difendere i nostri valori e soprattutto il nostro stile di vita. Perchè se c’è una cosa che la storia ci ha insegnato è che spesso, purtroppo, la libertà si paga con la vita. E oggi più che mai questa libertà e questa vita hanno un prezzo altissimo. In questi giorni ho pensato a quanto sono fortunata a non essermi mai trovata in uno di quei luoghi disgraziati e a quanto mi sento sicura in una terra come la nostra che non è certo stata e non è sicura per ben altri motivi. E’ una bella sensazione perchè proprio mi riesce difficile pensare che il tizio seduto accanto a me si faccia esplodere da un momento all’altro, magari mentre sono in fila alle poste. Sono fortunata soprattutto perchè ho la serenità di pensare che con quella sensazione di angoscia che gli altri vivono, io mi ci posso misurare in maniera più serena e combatterla, con ogni mezzo. Non so davvero, qualora dovessi trovarmi in qualsiasi altra parte del mondo, se riuscirei a vivere come vivo. Qualcuno si rifugia nel fatalismo. E’ davvero questa l’ultima via a cui aggrapparsi?

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