Storia di ordinaria follia

Correva l’anno 2005 quando ho avuto l’occasione di conoscere il Centro Diurno Camelot, presso la Cittadella Sanitaria “Lorenzo Mandalari” di viale Giostra a Messina.
Non avevo mai avuto un impatto con un luogo del genere e forse ero condizionato dalle solite immagini che rappresentano il “matto” avvinghiato da una camicia di forza.
Tali suggestioni non potevano che crollare immediatamente quando, varcato l’atrio, sono stato investito dalla vivacità dei colori di alcuni dipinti lungo le pareti del Centro. Oggetto della rappresentazione pittorica era l’uomo; le sue fattezze non erano per nulla compatibili con i tratti naturali; il colore della pelle era spesso falsato e le proporzioni, sebbene rispettate in gran parte, sottolineavano aspetti anatomici di fantasia. Nessuna predilezione verso una specifica tecnica: le pennellate erano stese con semplicità, mirate soltanto a marcare i contrasti tra i due piani rappresentativi – lo sfondo e il primo piano.
Cominciai ad interrogarmi su queste opere e dentro di me iniziavano a nascere domande sul perché di questo modo di rappresentare l’umanità. Ad un certo punto mi venne indicato direttamente l’autore: capelli biondi e occhi color del cielo, era seduto con aria smarrita, con uno sguardo che sembrava fisso su qualcosa. Il suo nome era Gaetano Chiarenza e mi dissero che era un utente del Centro Diurno. L’intento era quello di rivolgergli i miei interrogativi per comprendere la sua poetica, ma dopo averlo salutato, notai che non prestò attenzione alla mia presenza; con un tono di voce bassissimo, senza guardarmi, rispose al mio saluto. Certo non veniva voglia di conversare con qualcuno che neanche rivolgeva gli occhi all’interlocutore.
Forse d’istinto pensai di lasciar perdere, ma c’era qualcosa in quella fissità del suo sguardo che continuava ad interrogarmi.
Tornai più volte al Centro Camelot e, su richiesta del Dottor Matteo Allone, Direttore del Centro Camelot, feci uno dei primi servizi fotografici alle opere di Chiarenza.
Le belle giornate erano alle porte e lui era sempre su quella sedia ma all’esterno: gli utenti erano spesso liberi di passeggiare nel giardino e girovagavano per quello spazio immerso nel verde lussureggiante; lo sguardo di Chiarenza sembrava essere indifferente allo scorrere dei passi davanti a lui.
Tra un dipinto e l’altro, il signor Chiarenza cominciò anche a scolpire e a produrre giorno dopo giorno un variegato repertorio di opere. Come poteva una persona del genere essere animato da una tale anima poetica? A quel punto arrivò l’intuizione: forse quella fermezza di sguardo era il suo sistema per osservare e raccogliere quella realtà scorrergli davanti? Cominciai a comprendere che quell’uomo non era affatto apatico, tutt’altro, era molto più attento di quanto si pensasse.
Tutto d’un tratto mi giunsero le risposte che aspettavo e capii che quella di Chiarenza, era un’attenta analisi del mondo intorno a lui. Mi fu chiaro che quelle figure umane erano le persone con cui entrava in contatto tutti i giorni, come ad esempio, nel caso dei ritratti raffiguranti le due assistenti sociali che gli erano da sempre vicine.

Ieri, 21 dicembre, in pieno solstizio d’inverno, in un bosco adiacente Villa Mandalari, è stato inaugurato un omaggio artistico a Chiarenza, il cui volto è riflesso in un occhio gigante dipinto dal Collettivo Fx in collaborazione con NemO’s.
Questi ultimi hanno messo la loro arte a servizio della comunità e, percorrendo l’Italia intera, hanno raccontato le storie di quei personaggi ritenuti “matti”, ai quali spesso non si da voce in capitolo.
Il Dottor Matteo Allone, introducendo la giornata, ha affermato che “Chiarenza ha squarciato un vuoto” riempiendo con la sua anima quel luogo di cura in cui spesso campeggia la sofferenza.
Senz’altro questo personaggio ha lasciato il segno e ancora oggi, a pochi anni dalla sua scomparsa, pone interrogativi e fa riflettere sul fatto che forse il vero folle è colui il quale non si accorge dell’esistenza di un tale modo di comunicare.

Pasquale Pollara

Pasquale Pollara

Si considera un esteta. Amante del “bello” e dell’Arte, si dedica alla ricerca di nuove espressioni artistiche per poterle tradurre nel suo campo di applicazione: l’Architettura. Fedele alla tradizione, con taccuino sempre in tasca, disegna a mano libera per trasmettere istantaneamente la sua creatività. Muove i primi passi a Barcelona, oggi prosegue in autonomia la sua attività progettuale e i suoi lavori sono stati esposti e pubblicati in diverse occasioni. Riscoperta la passione per la scrittura, per scirokko.it cura la Rubrica di Design attraverso cui si impegna a trasmettere le sue passioni e l’amore per il suo lavoro.
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