Alla fermata Alighieri incontriamo altri due artisti dallo stile completamente diverso: è il turno di Rosario Catrimi e Cinzia Muscolino che ci raccontano la loro esperienza con Distrart.
Cosa hai pensato quando hai sentito parlare per la prima volta di Distrart, del tentativo di diffondere la Street Art – intesa come arte urbana fruibile gratuitamente – a Messina? Che relazione hai con questo tipo di arte?
In realtà non sono uno street artist, sono un designer/illustratore, ma ho sempre subito il fascino della street art. e mi sono chiesto come sarebbe stato vedere un mio lavoro fuori da contesti cartacei e aziendali. E devo dire che la sensazione è stupenda. Di libertà.
In base a cosa hai scelto la tematica e com’è nata l’idea che poi hai presentato e realizzato per Distrart?
Sono stati due Mood diversi. Il primo “Giovanni d’Austria” nasce da un personaggio della nostra storia, e da un epoca storica, che mi hanno sempre affascinato. Quindi una scelta fondamentalmente Estetica.
Il secondo “ cercasi deserto adatto per fata Morgana” nasce da un disagio personale nei confronti con il territorio. Sono tornato da poco a vivere Messina, e ammetto che mi ha deluso molto ritrovala come l’avevo lasciata se non peggiorata, quindi ho messo su carta quello che ho provato quando tornando, vedevo con gli occhi dell’amore, la mia città, amore che è stato poi distrutto dalla realtà.
Generalmente, come nasce e prende forma una tua opera?
Non credo molto nell’Ispirazione, credo di più nel “pensiero sensibile” nasce da una visione nel quotidiano, da una forma che mi suggerisce qualcosa, molto spesso da un disagio.
Quale pensi che sia oggi il ruolo dell’artista e che spazio ha in una realtà come quella di Messina e della Sicilia in generale?
La parola “artista” mi fa un po’ paura, sarà per via del fatto che è stata sdoganata in diversi ambiti e probabilmente svuotata dal suo significato più recondito. In sicilia e a Messina in particolare non credo sia proprio contemplata la figura. Benchè la nostra isola e la nostra città siano piene di talenti, lo dimostrano le personalità che vengono riconosciute fuori, purtroppo e che noi non conosciamo. Per esempio due ragazzi messinesi da poco sono entrati di diritto nel panorama mondiale della moda emergente Marco De Vincenzo e Fausto Puglisi, ma nessuno li conosce a Messina.
Le strade di Messina per qualche giorno si sono trasformate nel tuo studio. Come hai vissuto l’esperienza di lavorare a contatto diretto con il pubblico? Hai da raccontare qualche episodio particolare legato a Distrart?
È stato divertente, la gente è curiosa, ti chiede, guarda, io non credo nel fantomatico “sonno della ragione” della città, Messina è una città che ha attraversato periodi difficili, i cittadini tutti risentono di questo, e non tutti hanno o hanno avuto la possibilità di interfacciarsi con l’arte. Offrire un esperienza del genere alla gente è una cosa bella, perchè chissà, magari arriva una boccata di aria nuova, un segnale di speranza.
E secondo te come ha reagito la città a questo progetto?
Da quel che vedo, nella stragrande maggioranza bene, come sempre sono le anime più semplici quelle che ancora sanno meravigliarsi, senza star li a stilare la “classifica” delle cose più o meno importanti. E come sempre queste persone stanno nel popolo e quasi mai nell’ “intellighenzia”.
Cosa hai pensato quando hai sentito parlare per la prima volta di Distrart, del tentativo di diffondere la Street Art – intesa come arte urbana fruibile gratuitamente – a Messina? Che relazione hai con questo tipo di arte?
Era ora! L’arte di strada è il modo migliore per mettere in circolo le idee. Scardinare l’immagine dei percorsi quotidiani, anche in modo insolito o persino violento, è come spalancare una porta verso un oltre. Soglie che altrimenti non varcheremmo. Non ho mai realizzato un’opera per la strada, per me questa è la prima volta e sono veramente soddisfatta!
In base a cosa hai scelto la tematica e com’è nata l’idea che poi hai presentato e realizzato per Distrart?
Non ho scelto una tematica, ho scelto un modo di raccontare delle tematiche.
Generalmente, come nasce e prende forma una tua opera?
Cerco, osservo, leggo e poi aspetto un’intuizione. Parto sempre dal punto di vista dell’osservatore. Aderisco più a un mio modo di procedere che a uno stile vero e proprio; non ho voluto farmi condizionare da temi. Il punto di partenza per me qui è stato ristabilire il contatto fra città e mare, tra mare e città.
Quale pensi che sia oggi il ruolo dell’artista e che spazio ha in una realtà come quella di Messina e della Sicilia in generale?
Il ruolo dell’artista è sempre stato quello di rimettere in comunicazione il sé quotidiano col sé immaginifico, il sé razionale e col sé metafisico. Non esistono luoghi in cui questo non può accadere.
D’altro canto l’artista non esiste se non esiste chi può vivere la sua opera. Credo molto nel contatto diretto con l’opera d’arte. Oggi consumiamo tutto virtualmente, è solo l’occhio che agisce nella percezione limitata di un’immagine visualizzata su uno schermo. È magnifico e terribile insieme. Lo faccio anch’io, la mia conoscenza del contemporaneo avviene soprattutto tramite internet, vivo in Sicilia, in provincia di Messina, e, come tutti in questa terra, non ho molte occasioni di vivere l’arte. In Sicilia sono diversi gli spazi che accolgono artisti e opere, ma, come in tante altre situazioni culturali, non sono in connessione, non si è ancora creata una rete che permetta una circuitazione interna di idee e progetti (lo dico da artista). Una bella realtà siciliana è quella di Farm Cultural Park di Favara, la mia installazione “Cesso” è un piccolo segno dentro un grande contenitore dove si agitano belle energie, frutto del lavoro attento del suo fautore Andrea Bartoli che, riqualificando luoghi perduti, non solo ha offerto uno spazio agli artisti dove pensare e fare, ma ha al contempo ha restituito a un territorio e alla sua gente nuove possibilità di riscatto.
Messina è stata fondamentale per il mio percorso artistico. Buona parte del lavoro che ho svolto da 10 anni a questa parte è frutto di un percorso nato nell’Ufficio Promozione Giovani Artisti di Messina. Tutto è cominciato con un progetto di mobilitazione internazionale (Moving ‘up 2005) che ha portato me e la mia compagnia teatrale a Marsiglia. Sono state molte le iniziative e i concorsi proposti dal G. A. I. a cui ho aderito a volte anche vinto. Grazie a tutto questo ho avuto modo di fare arte e confrontarmi con realtà anche molto distanti da me.
Le strade di Messina per qualche giorno si sono trasformate nel tuo studio. Come hai vissuto l’esperienza di lavorare a contatto diretto con il pubblico? Hai da raccontare qualche episodio particolare legato a Distrart?
Solo una parte del mio intervento mi ha vista in strada a dipingere (retro de La grande Nave). Sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla curiosità e dal rispetto della gente, ho avuto modo di scambiare con cittadini italiani ma anche stranieri che, nel tempo dell’attesa, hanno lasciato e preso molto più che il semplice tram.
Un uomo a distanza mi chiede: “Emerge o affonda?” “Sta a lei decidere!” rispondo. Funziona!
E secondo te come ha reagito la città a questo progetto?
L’impatto con la città mi è sembrato fin qui positivo, specie perchè la gente ha avuto modo di vivere direttamente il work in progress. Sui network sono stati tantissimi a esprimere la propria opinione, pochi in modo negativo e menomale! Cio significa che è avvenuta un’interazione con le opere, si è messo in moto un pensiero; esattamente quello che ogni artista con la propria opera cerca di fare.
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