In questi giorni Messina (e provincia)”brucia”. Piromania ed atto mafioso si intersecano fino a confodersi, mettendo la Città in un grande stato di disagio… ambientale e sociale.
Da un’origine in cui il fuoco è stato un elemento fondamentale per l’uomo (lo riscaldava, gli permetteva di cucinare il cibo, gli consentiva di difendersi dai nemici), nel tempo diviene fonte di grande fascino. Racchiude in sè dinamiche psicologiche ed estetiche complesse ed alle volte patologiche.
Nell’arte contemporanea il primo ad usare, materialmente, il fuoco fu Alberto Burri. Nel ’53 utilizza la fiamma su differenti materiali (carta, plastica, ferro…) allo scopo di modificare la struttura e determinare un effetto cromatico dei materiali e del supporto dell’opera.
Nello stesso periodo, in Francia, Yves Klein usa la fiamma per disegnare e modificare la struttura di grandi carte, in cui il fuoco diviene elemento costitutivo dell’opera stessa.
Ancora, con Kounellis il fuoco è vera presenza attraverso una fiamma alimentata dal gas che irrompe dal bulbo di un fiore costituendone, integralmente, la vita permanente del lavoro artistico.
Inoltre, con la Biblioteca di Chen Zen (struttura in metallo e vetro, all’interno della quale il fuoco viene utilizzato come elemento che brucia tutti i quotidiani) il fuoco diviene simbolo di circolazione di informazione e di libertà di pensiero… racchiudendo un forte contenuto ideologico (di condanna della censura in Cina).
In arte contemporanea, quindi, da un lato il fuoco viene utilizzato come materia che brucia, lasciando all’interno dell’opera d’arte una vera combustione e diventando strumento naturale per la realizzazione dell’opera. Da un altro lato, viene usato come presenza attiva e attuale nell’opera d’arte stessa.
Nell’arte il fuoco è elemento vivo, simbolo di distruzione del vecchio e rinascita del nuovo.
Ma se dall’arte ci si sposta al campo geologico, risulta fortemente evidente la valenza spesso negativa del fuoco e, nel contempo, il ruolo fondamentale degli alberi, dei boschi e delle foreste per il terreno.
Basti pensare alla difesa del suolo: una foresta in ottima salute, in condizioni di forti precipitazioni, è in grado di prevenire il deflusso superficiale delle acque e il dilavamento del suolo. Le radici degli alberi trattengono il terreno impedendo le frane, le valanghe e l’erosione del suolo. Mitiga le condizioni di eccessiva calura e siccità durante la stagione estiva, prevenendo il rischio incendio…
…All’efficacia antierosiva: gli organi aerei delle piante del bosco catturano forti percentuali di pioggia. Gli apparati fogliari acquistano una grande importanza nella riduzione della forza viva delle gocce d’acqua, eccezionalmente elevata durante le piogge violente. Nel contenere questa energia con gli alberi concorrono il sottobosco e la copertura morta.
Se si tocca il capo psicologico, ormai si sa che per la psiche umana il fuoco, spesso, ha un forte potere attraente… simile o talvolta più intenso di un’eccitazione sessuale, generando, in menti predisposte (patologiche), un meccanismo di dipendenza e ritualità. In questo campo diviene uno strumento per distruggere ciò che si è incapaci di sentire, di vivere… una incapacità di riconoscere e godere, in modo sano, delle proprie pulsioni.
Purtroppo, se torniamo al caso di Messina, in questi giorni gravemente “ferita” da alte e vaste fiamme sulle sue colline storiche (Giostra, S. Michele, S. Jachiddu, Colle Annunziata, Curcuraci…), oltre ad un comportamento evidentemente patologico, emerge un atteggiamento pericolosamente mafioso, regressivo… che oltre a voltare le spalle alla bellezza, all’estetica, ad una delle componenti ancora”luminose” nonostante fosse di una Città già ampiamente bistrattata, disprezza anche la vita. Non si è curato e non si cura di quanti abitano le aree ormai distrutte e disprezza anche la propria vita, in quanto certamente tutto ciò che essi, “individui del fuoco” (con la complicità di un grande caldo e di una forte siccità di terreni incolti), hanno provocato andrà a discapito della vita di tutti, anche della loro.
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