Fino a qualche settimana fa a splendere sulla nostra città era il sole che con la sua forza e il suo calore ha sempre dato a Messina, almeno a me, quel tocco in più rispetto a tutte le città in cui abbia mai vissuto o semplicemente visitato. L’incuria e il degrado che hanno inverosimilmente dato fascino a Messina, sono sempre stati sotto gli occhi di tutti, alcuni, se ne sono occupati, altri, disinteressati in una contorsione mentale secondo la quale “è così punto e basta”, hanno notato qualcosa di strano ma soprattutto di orribile: i muri della vergogna. Limitrofi alla zona portuale, i muri in questione sono quelli sui quali sono stati effettuati degli interventi artistici urbani e sono stati e continuano ad essere oggetto di polemiche, a parer mio, inutili.
Inutili perché un’opinione o una critica è costruttiva quando si basa sulla conoscenza. Se vado a vedere una mostra del Caravaggio e non ne conosco la storia e una piccolissima anamnesi, farei meglio a stare a casa, lo dico per esperienza e non per superbia. Lo dico perché guardando quell’opera, non ne verrò mai a capo. Non ne capirò il senso, i colori, le forme e la sintesi. Questo significa che se un’operazione come quella di Distrart ha provocato, in tutti i sensi, interesse e tensione, questo mi basta perchè mi fa pensare che Messina c’è, nonostante abbia trovato estremamente bigotte determinate opinioni. Qualcuno addirittura vuole che vengano oscurate e passata una mano di vernice a coprire quello scempio! Quei culi sui muri che arrivando dall’amata penisola deturpano e sfigurano la città massonica per eccellenza.
Mi sono data una risposta che non è LA risposta: forse, per la prima volta, i deretani in questione non erano quelli di soubrette e veline del calendario di MAX. Capisco dunque il loro stupore e la vergogna perché per la prima volta qualcosa di diverso e anti sesso non si trovava appeso sul muro della loro casetta di marzapane.
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