“Il bugiardo”: equilibrista fra menzogna e verità | scirokko.it

Se la verità potrebbe non giovare ai nostri scopi, le bugie saranno sempre una tentazione”.  E’ con questa assoluta verità sulla natura umana che si conclude il debutto de “Il bugiardo” di Carlo Goldoni.  Quando la verità ci sta stretta, usare una bugia è una comodità di cui è difficile non tenerne conto. La commedia, diretta dalla regia di Giorgio Bongiovanni e andata in scena ieri sera al Vittorio Emanuele, ha avuto come interpreti diverse generazioni di artisti messinesi in tutta la loro professionalità, riscuotendo a fine serata il meritato successo fra gli spettatori. Il titolo dell’opera, anticipa già il ruolo di Lelio, figlio di Pantalone, nonché indiscusso protagonista. La scenografia che tanto richiama la romantica Venezia settecentesca, con i suoi canali e le lucide gondole, non poteva rappresentare miglior luogo per l’accoglienza delle serenate che Florindo segretamente dedica a Rosaura, una delle due figlie del Dottor Balanzoni e di cui Lelio, partito da Napoli e giungo poche ore prima nella cittadina veneziana, coglie l’occasione di prendersi merito. Mente ingegnosa, fine e arguta, Lelio con le sue sagaci bugie, o “spiritose invenzioni”, come preferisce chiamarle, costruisce la trama dell’intera vicenda, che andrà via via complicandosi in proporzione alla grandezza e alla numerosità di menzogne proferite. Una bugia ne richiede necessariamente un’altra, che ne richiede un’altra, e così via, fino a quando venirne a capo risulterà impossibile e il bugiardo, rimasto incastrato nel tessuto delle sue stesse invenzioni, verrà costretto a metter giù la maschera indossata, con la quale è riuscito con disinvoltura ad ingannare, con l’appoggio del fedele servo Arlecchino, tutti i personaggi. Non un buon figlio, né amante, né amico, né cavaliere: soltanto un ciarlatano. Tuttavia, fra tutte le falsità sboccia qualcosa di autentico:  l’amore per Rosaura, ch’egli perderà per negligenza senza riuscire a riconquistare il suo perdono: “E’ vero, nell’amore ci vuol costanza, ma le donne sanno essere più costanti nell’odio che nell’amore”. Da donna, mi preme ammettere che Goldoni ci conosceva bene. Per quanto degradante possa figurare, parlando da un punto di vista morale, un bugiardo come Lelio, innegabilmente lo spettatore si sente affine a lui, quasi complice, dispiacendosi per il suo pietoso smascheramento: una situazione paradossale, quella di provare simpatia per un impostore malvagio. Ma del resto… “Non può essere spiritoso chi non ha spirito di inventario”. Ciò che Goldoni con il suo modo di far Teatro vuole rivelare, è un concetto quanto mai vero: adoriamo vedere all’opera i malfattori, fino a quando le loro infamie non ci toccano direttamente. In tal caso, non c’è simpatia o affinità che regga. La nostra indignazione ci trasforma in spietati giudici, pronti a condannare nei modi peggiori possibili i bugiardi che osano ingannarci.

Lo spettacolo andrà in scena fino a Sabato 30 Aprile: leggi tutte le info su scirokko.it!
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