«Ogni bambino salvato con il mio aiuto è la giustificazione della mia esistenza su questa terra, e non un titolo di gloria».
Così scriveva al Parlamento polacco un ormai 97enne Irena Sendler, dopo essere stata proclamata all’unanimità Eroe nazionale per i servigi resi non solo alla comunità ebraica, ma all’umanità intera.
Già il padre, prima della figlia, aveva dimostrato un eroismo fuori dagli schemi.
Medico nella periferia di Varsavia contrasse il tifo nel tentativo di curare tutti quegli ammalati – per lo più ebrei – fortemente contagiosi con cui i colleghi si erano rifiutati di entrare in contatto, questo fece si che tra la giovane Irena e la comunità ebraica nascesse un forte legame di empatia che accompagnò la Sendler nel corso di tutta la vita.
Con l’occupazione nazista della Polonia Irena si unì alla resistenza polacca con il nome in codice di “Jolanta”, con l’obiettivo principale di salvare i bambini ebrei dal ghetto. Cavalcando la preoccupazione dei tedeschi che un’epidemia di tifo potesse espandersi oltre i ghetti la Sendler, in qualità di assistente sociale, ottenne un permesso che le permise di entrare nel ghetto alla ricerca di eventuali sintomi, qui caricava i bambini su ambulanze per poi portarli fuori fornendo loro documenti falsi e nuove identità e affidandoli a famiglie cristiane annotando poi il nome di ogni singolo bambino salvato nella speranza di poterlo un giorno restituire ai genitori. Scoperta dai nazisti nel 1943, viene arrestata e seppur sottoposta ad inimmaginabili torture (le vengono fratturate entrambe le gambe tanto che passerà il resto della sua vita su una sedia a rotelle) non tradirà mai neppure uno solo dei bambini i cui nomi giacciono seppelliti nel suo giardino. Condannata a morte viene salvata dalla resistenza che corrompe le guardie tedesche che avrebbero dovuto giustiziarla. Passerà così gli ultimi mesi della guerra nell’anonimato continuando a organizzare diversi salvataggi. Con la fine del nazismo oltre 2000 bambini vennero rintracciati, la maggior parte dei quali tuttavia era ormai rimasta orfana. Proposta come premio Nobel per la pace dal Governo polacco con l’appoggio dello Stato di Israele, morirà alla veneranda età di 98 anni.
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