Giovanni Cammarata nasce a Messina. Originariamente muratore ed artigiano. Soprannominato dai suoi concittadini “Cavaliere” per aver combattutto, in età giovanile, in Africa e, durante la Seconda Guerra Mondiale, in Grecia. Dopo la guerra, finisce in un campo di prigionia inglese, in cui riesce a guadagnarsi qualche favore stupendo gli ufficiali inglesi creando castelli d’argilla. Intorno agli anni ’70 del Novecento, rientra nella sua città natìa, stabilendosi in una casa – baracca a Maregrosso, zona degradata a sud di Messina. La sua casa – baracca è oggi per noi un importante, quanto singolare, elemento antropico – identitario che, fortunatamente, dopo essere stata per troppo tempo non capita ed in parte distrutta (per dare spazio ad un posteggio di supermercato!), adesso si sta riappropriando del suo valore. La baracca è così importante in quanto, dal 1970 circa al 2002 (anno della morte di Cammarata) il Cavaliere si è dedicato all’arte, un’arte irregolare, fuori dagli schemi convenzionali, visionaria, decorando costantemente internamente ed esternamente, la sua baracca (di cui fino ad oggi si è potuto e si può ammirare la facciata). Quest’ultima è divenuta così un monumento spontaneo, uno splendido inventario di forme, figure sacre e profane, colori (animali, crocifissi, Madonne, puttini – angioletti, mosaici, sculture). Quest’anno, il 31 Maggio 2015 a Palermo e l’1 Giugno a Messina, si è tenuto il I Convegno Internazionale sul valore dell’arte del Cavaliere ed in particolare sul recupero e restauro dei suoi Elefanti “da combattimento” (grazie al Gruppo Interdisciplinare di Ricercazione “Osservatorio OutSider Art”). Un evento importante che ha cominciato a rischiarire una zona del sud di Messina (Maregrosso, con il suo meraviglioso affaccio sullo Stretto) ed una figura messinese (Giovanni Cammarata) per troppo tempo messe da parte o poco conosciute o ancora, nella maggior parte dei casi, sconosciute.
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