Abitare in verticale | scirokko.it

Ottimizzare gli spazi è la sfida quotidiana di ogni progettista che, di fronte ad ogni committenza, è tenuto a garantire il benessere totale di un habitat. Confrontarsi con l’esistente è ancora più arduo, quando la metratura a disposizione è esigua e la distribuzione delle destinazioni d’uso sembra impossibile. Ma un attento architetto riesce a stabilire il controllo sulle parti e, nel tentativo di dare vita all’organismo edilizio, si cimenta a coniare nuove tipologie abitative.
Un esempio in cui le poche possibilità sono diventate i punti di forza del progetto è a Erice, un borgo medievale in provincia di Trapani, dove sorgono le Case Coppola, adibite a villeggiatura estiva. In questo caso la sfida è stata colta e vinta dallo Studio Ad’A Atelier d’Architettura, con a capo l’architetto Gianni Ingardia che ha disegnato due residenze “in verticale”. Oggetto della progettazione era un rudere di un antico edificio, già suggestivo perché vicino ad un albero di alloro, che forse già suggeriva il tipo di operazione da eseguire. Ingardia ha letteralmente mirato in alto: i committenti, due fratelli, si sono rivolti a lui perché desideravano vivere in questo rudere con le rispettive famiglie e quindi nasceva l’esigenza di ricavare ben due unità residenziali da una piccola superficie. La soluzione proposta è stata quella di distribuire gli spazi in modo non convenzionale ma vincente, mediante la sovrapposizione di piani sfalsati e volumi in elevazione che spesso si compenetrano all’interno dell’edificio.
In cantiere si sono resi necessari la rimodulazione dei solai esistenti e quindi un importante consolidamento strutturale che comunque non ha deturpato il linguaggio stilistico dell’edificio ericino.
La prima unità, al piano terra, si apre in un open space che ospita il living, caratterizzato da un pavimento parzialmente in vetro stratificato attraverso cui si può ammirare una volta a botte che copre la cisterna d’acqua. Salendo al primo piano, imboccando una scala in ferro, si giunge su “due piattaforme galleggianti nel vuoto” che accolgono la zona notte.
Alla seconda unità abitativa si accede mediante un’antica scala esterna in pietra, che introduce alla zona living coperta in parte da una doppia altezza. Sempre attraverso una scala interna in ferro si ha accesso alla zona notte e al bagno. Quest’ultimo è un elemento caratteristico, in quanto si configura come un volume aggettante sulla scala.
Confrontarsi e rispettare l’esistente hanno anche comportato il non operare sulle facciate esterne su cui le piccole aperture non avrebbero mai potuto garantire il giusto apporto luminoso alle nuove abitazioni. Per ovviare a quest’altro limite, il progetto ha previsto di fare in modo che le maggiori fonti di aria e luce provenissero dall’alto, grazie alla presenza dei lucernari.
“Come una pianta affondava le radici nel terreno attingendo dall’acqua quella linfa vitale che le consentiva di protendersi verso il cielo e finalmente, aprirsi alla luce del sole”: così Ingardia descrive il suo progetto di questo “organismo in movimento ascensionale”, dove le regole dell’abitare sono state sapientemente “stravolte” per essere vissute in piena armonia con la storia di questo antico edificio.

Di seguito la Gallery con le foto della realizzazione del progetto.

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