Alessitimia: quando è difficile parlare dei propri sentimenti

I Greci restano indubbiamente imbattuti quando si tratta di vocaboli e radici. Nel 1973 lo psicoanalista greco Sifneos conia questo termine miscelando l’α privativo, il verbo lègein e il sostantivo tymòs. Alessitimia significa “non avere il lessico emotivo”, non riuscire a parlare delle proprie emozioni.

E’ molto comune la difficoltà a descrivere i propri sentimenti, che, guardacaso, viene fuori nelle situazioni di conflitto, che invece potrebbero risolversi proprio grazie alle emozioni. Pensate a due fidanzati, ad esempio, o due amici. Uno compie un gesto che ferisce l’altro, ma non lo sa. Così quest’ultimo prova un’emozione, di dispiacere, di delusione, di tristezza o semplicemente di fastidio, ma l’altro non lo sa. E inizia un doppio cieco: un’interazione in cui ciascuno è ignaro delle emozioni dell’altro. Il primo inizierà a domandarsi perchè l’altro è così strano (ad es. “che hai amore?” “niente!”). Il secondo si domanderà perchè non chiede scusa e non comprende il danno inflitto, alimentando il risentimento, ma soprattutto cedendo ad un pensiero: “deve capirlo da solo/a”.

Quanto sarebbe più facile, su un piano puramente logico, che nell’immediato si fosse manifestato quel fastidio, raccontando l’emozione che si è provata, essendo assertivi. Es. “quando tu hai fatto questo, amico mio, io ci sono rimasto male, mi sono intristito, perchè ho pensato…”.

Ma sappiamo bene che sul piano emotivo il nostro comportamento cambia e, di nuovo, alcuni filosofi greci davano tutta la colpa alle emozioni, che ci distolgono da un comportamento razionale e logico.

Ecco l’emozione può fregarci solo in due casi. Il meno grave è quando abbiamo difficoltà a comunicarle. In questo caso il cambiamento è possibile solo grazie ad un lavoro su di sé, in cui si supera l’imbarazzo connesso allo scoprirsi, al denudarsi nell’esternare i propri stati interni. Il più grave, invece, è il caso in cui le emozioni che si percepiscono non si riconoscono affatto. Ad esempio, molti reagiscono alla tristezza o all’ansia con l’aggressività. Sono tristi o spaventati e si comportano come se fossero arrabbiati. Se chiedete loro cos’hanno, vi risponderanno con più facilità con sintomi fisici: “mi brucia lo stomaco, mi gira la testa”. Non riescono (α) a parlare (lègein) delle proprie emozioni (tymòs). Questo è il caso in cui è invece necessario ripartire dall’alfabeto emotivo. Imparare da capo quali sono le emozioni, come riconoscerle in base alle sensazioni ed apprendere parole nuove per descrivere i propri stati emotivi.

Ci sono molti modi per descrivere come ci si sente, ed in questo, consentitelo, forse facebook ha un piccolo merito. Chissà se invece di un semplice surrogato virtuale, le emoticons non possano essere in qualche caso utili ad ampliare il proprio lessico. Una seria risposta, naturalmente, potrà provenire solo da seri ricercatori, ma nel frattempo teniamo presente che le emozioni non sono qualcosa da eliminare, ma da comprendere e comunicare, naturalmente vis-à-vis.

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Amelia Rizzo

Amelia Rizzo

Amelia Rizzo, classe 1986. Si laurea in Scienze Cognitive e Psicologia presso l'Università degli Studi di Messina. Collezionista di titoli, a causa della sua passione per la Ricerca viene condannata a tre anni di Dottorato, ma pare ne abbia già scontato la metà. Chiamata a curare la rubrica di #psycologia, non ha potuto rifiutare questa insolita richiesta d'aiuto.
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