“Bauen”, il nuovo progetto espositivo di Alessio Barchitta | scirokko.it

Ultimi due giorni per visitare, nel suggestivo Auditorium San Vito di Barcellona P.G. (Me), “Bauen”, la nuova personale del giovane e talentuoso Alessio Barchitta.

Quest’ultimo (classe 1991), barcellonese ma da tempo “espatriato” a Milano dove vive e lavora, presenta oggi una interessante mostra sul tema, attualissimo, dell’identità e della perdita e del ritrovamento di questa… dei simboli e dei luoghi che possono rappresentarla e soprattutto di come prende forma all’interno dell’individuo.

A proposito di “identità”, Barchitta ha sempre saputo di volere fare l’artista. Si diploma all’Istituto Statale d’Arte di Milazzo seguendo un indirizzo in grafica pubblicitaria e fotografia, si trasferisce a Milano dove si diploma all’Accademia di Brera nell’indirizzo della Pittura. Si specializza nell’arte pittorica. Protagonista di diversi progetti e mostre in Italia. Nel contempo, a testimonianza che il suo legame con Barcellona P.G. è sempre forte, fonda nella sua cittadina natìa il collettivo artistico “Collettivo flock”… atto alla promozione e rigenerazione dell’antica Barcellona (oggi evidente nella Via Pozzo dei Goti) attraverso l’arte (pittura, installazione, scultura, pitto-scultura, arte visiva, arte digitale).   In ultimo, ma non in valore, è tra i finalisti del Premio Cramum; un premio nato per promuovere giovani di spiccato talento nel panorama artistico in Italia e nel mondo, affinché possano esprimere al meglio la propria creatività e vivere del proprio lavoro artistico, senza essere eccessivamente guidati e/o limitati dal mercato.

“Bauen”, dal tedesco “costruire”, con  la Personale di Alessio, si riflette sulle orme di Heidegger, derivando dall’ormai desueto “buan”, “abitare”.

Ecco che per Barchitta, che da sempre indirizza la sua arte verso la ricerca, la sperimentazione e la riflessione sugli aspetti antropologici e sociali dell’arte contemporanea (non a caso la sua è un’arte soprattutto “concettuale”), quindi sull’uomo e sulla sua capacità di mutare, trasformarsi e adattarsi o non adattarsi al tempo, l’essere umano è in quanto abita.

Ma la riflessione dell’Artista non si ferma qui.  “Bauen “, infatti, significa anche “custodire” e curare. Evidenziando, così, il concetto fondamentale per cui tutti noi siamo fatti di frammenti che, in successione, formano la nostra “identità”.

Perno di tutta la esposizione è la “domus”, la “casa”, che Alessio riproduce esteriormente, ricorrendo al legno… l’ “Errante Eterotopico”, che nella singolare location dell’Auditorium San Vito perde le caratteristiche di capanno, di precarietà, diventando fortezza inespugnabile: scoperchiandosi di un telo oro accecante, assume un nuovo aspetto, ricoperta da assi in legno recuperate da pallet, impedendo qualsiasi accesso ed infine incendiata secondo un’antica tecnica giapponese, atta a contrastare il lento deterioramento del legno.

La pittura muraria viene scorticata ed assemblata per mezzo di silicone e posta alla portata di chiunque voglia osservarla. Ancora una volta riemergono frammenti;  ma non elementi in cui ci si immobilizza, ma al contrario elementi da cui partire, trasformandoli, per arrivare in una dimensione altra.

Passato e presente, punti cardine dell’intera esistenza individuale, fanno da guida per tutta la mostra, in cui, personalmente, si sono trovate particolarmente simboliche delle installazioni (collocate al centro dell’antico corridoio dove “sfilano” le opere) composte da un basamento da cui partono fili di ferro che sorreggono all’apice, rispettivamente, una sedia… di legno, antica, recuperata dai rifiuti. Eretta a feticcio di ciò che era e di ciò che adesso rappresenta (per l’Artista e per chi la osserva), ricorda la tecnica psicologica della sedia vuota. Quest’ultima, di origine psicodrammatica, viene utilizzata nelle sedute di Psicodramma e nella Psicologia della Gestalt. L’individuo rappresenta un altro individuo o un ruolo, improvvisando un dialogo fra sè stesso ed il personale sé… esplicita le sue componenti interiori, integra le  polarità opposte ed in conflitto della sua personalità, per poi scinderle al fine di rimetterle in contatto, promuovendo un nuovo dialogo, una maggiore o del tutto nuova consapevolezza di sé stesso.

Così come nella tecnica di Gestalt, anche in “Bauen” la sedia-scultura è vuota, occupa uno spazio ben preciso nell’ambiente… divenendo espressione di qualcosa di non detto ma recepito. L’elemento concreto, ma vuoto, la sedia, si presta ad essere riempito da tutto ciò che chiunque la osservi vede; uno spazio dove si posano le percezioni, le proiezioni, le paure, i desideri, la realtà di allora e quella contemporanea di chi l’ha recuperata, di chi l’ha utilizzata e di chi la guarda.

In un’epoca, quella odierna, in cui definirsi è per i più pericoloso, preferendo (alle volte inconsapevolmente) la strategia di evitare tutto ciò in cui ci si riconosce veramente e che potrebbe rappresentarci per davvero, “Bauen” si pone, contemporaneamente, come provocazione e come confronto… come un ulteriore come punto di vista che invita ad essere mentalmente dinamici; un orizzonte che si apre su nuovi orizzonti. Una mostra che ricorda quanto siano fondamentali le personali radici per riconoscersi e per essere la “casa” da cui partire, in cui  tornare, da cui ripartire, da ricordare.

Fino a domani, domenica 29 Ottobre.

Testi in catalogo di Vincenzo Argentieri, Sabino Maria Frassà, Maria Cristina Galli, Giulia Vasso Menestrina

Orario: 17.00 – 20.00

Di seguito, qualche scatto della mostra per cui si ringraziano l’Artista, i curatori della mostra e tutto lo staff.

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