Charles Manson, l’autore di delitti mai commessi | scirokko.it

San Francisco 1967. Charles Manson era un ragazzo di trentatré anni che, insieme a migliaia di giovani provenienti dai contesti sociali più disparati, proclamava l’amore libero e l’emancipazione dai condizionamenti morali che la società del tempo imponeva. Ma Charles non era esattamente un ragazzo come gli altri.

Nato a Cincinnati nel 1934 da Kathleen Maddox, una ragazza di sedici anni che si prostituiva per mantenersi l’alcol, visse costantemente in una condizione di precarietà data dall’incapacità della madre di farsi carico di quel figlio e di assumersi le sue responsabilità, generando in lui problematiche e disfunzioni che segnarono la sua intera esistenza. Già all’età di dodici anni, Charles si manteneva una stanza in affitto con piccoli furti, l’ultimo dei quali gli costò la prigione; e fu quella un’ottima occasione per la madre di sbarazzarsi definitivamente di quel fardello.
La vita di Charles ruotava attorno a varie figure: magistrati, psichiatri, responsabili di istituti religiosi e di riformatori, mentre alternava sporadiche presenze a casa dei nonni e degli zii che lo trattavano come una bambina. Charles cresceva tra mille problematiche, reati e comportamenti disfunzionali, e nella sua sregolatezza arrivò a sposarsi con una donna dalla quale ebbe un figlio, Charles Milles Manson Junior (che morirà suicida nel 1993). Poco tempo dopo, un’altra relazione gli darà il secondo figlio Charles Luther.
In carcere, Manson imparava a suonare la chitarra, mentre si avvicinava alla comunità Scientology  e si interessava di ipnosi e di Analisi Transazionale; inoltre imparava a memoria numerosi passi della Bibbia che poi recitava. Tutti lo rispettavano e lo seguivano con dedizione, tanto che nel marzo del 1967 – data del suo rilascio – era impaurito all’idea di abbandonare il carcere, certo che fuori lo aspettasse una carriera da vero criminale.

Torniamo quindi all’estate del 1967, quando San Francisco diventa un’esplosione di giovinezza, di fiori e di rivoluzioni sociali e culturali. Fu in quell’occasione che Charles si rese conto del forte ascendente che aveva sui giovani e del carisma che attraeva a sé le persone e che, in breve tempo, lo elesse “il dio degli stronzi” (come lui stesso si definiva).
Questo gruppo di giovani divenne presto una “famiglia”: tutti si occupavano di tutti, esattamente come accade in un contesto familiare, solo che i membri (divenuti in breve tempo circa una cinquantina) portavano con sé il loro bagaglio di paure, di manie, di ossessioni che, mescolato alle droghe e a idee farneticanti di religione (che contemplavano il culto di Satana e l’odio verso il sistema) alimentavano un contesto perverso di cui Charles era il capo.
In questi anni Manson si interessò, fino ad ossessionarsi, alla canzone dei Beatles “Helter Skelter”, a cui attribuì un’interpretazione assolutamente delirante: il brano, che menzionava una giostra che ruota attorno ad una torre, venne letta come un messaggio profetico, che lo esortava a difendersi da una sommossa da parte dei “negri”, da lui percepiti come un imminente pericolo da cui difendersi.
“The Family” (così venne definito quel gruppo di persone guidate da Manson) viveva dei proventi dei furti e delle attività criminali che metteva in campo, il tutto costellato da abuso di hashish e di LSD che amplificava percezioni ed azioni. Ma ben presto, l’operato della setta non si limitò soltanto al compimento di furti: vennero organizzati e commessi un grande numero di omicidi, tutti per mano dei membri della “famiglia” e sotto la direzione “spirituale” di Charles Manson (vedi Il caso Tate-La Bianca).

Ma cosa accadeva esattamente alle persone che entravano in contatto con lui?
Manson aveva un’indiscutibile capacità oratoria che, unita al forte carisma, lo rendeva un personaggio molto convincente; questo gli serviva come viatico per avvicinare a sé le persone. A questo si aggiunga che l’uso delle droghe assunte dai membri della “famiglia” rendeva il terreno, sul quale si muoveva Manson, particolarmente fertile: le menti di quei giovani, rese ancora più fragili dall’assunzione di LSD, si prestavano facilmente ad essere plagiate. E Charles questo lo sapeva bene. Il suo uso personale di droghe era infatti moderato perché, mantenendo il controllo delle sue facoltà mentali, poteva interferire su quelle dei suoi adepti, cambiando le loro convinzioni e smantellando la loro autostima. In questo modo, l’adepto subiva una lenta e graduale soppressione del vecchio sé, cadendo in un profondo stato regressivo ed attivando meccanismi imitativi col “genitore spirituale”, che sono poi gli stessi che attiva il bambino molto piccolo nei confronti dei genitori, da cui dipende in tutto e per tutto.
Il processo di manipolazione mentale è stato ben descritto da Kurt Lewin, che lo suddivide in tre fasi:

  1. Scongelamento: il processo di scomposizione della persona
    L’adepto entra in una fase di confusione, in cui perde ogni punto di riferimento fino a quel momento costruito; una volta attuata una “tabula rasa” sulla propria identità, l’adepto viene indotto a costruire il proprio presente attraverso la ridefinizione del proprio passato (inculcando nella sua mente falsi ricordi e inducendolo a dimenticare i ricordi positivi).
  2. Cambiamento: il processo di indottrinamento
    La creazione della nuova identità è un processo graduale che passa attraverso sedute di indottrinamento, alternanza di premi e punizioni, controllo dell’ambiente circostante, uso di tecniche ipnotiche, uso ripetitivo e ritmico di preghiere e/o ordini, individuali e di gruppo.
  3. Ricongelamento: il processo di consolidamento della nuova identità
    Il consolidamento della nuova identità, che è possibile solo se si abbandona la vecchia, passa dalla diminuzione o dall’eliminazione totale dei contatti con famiglia ed amici (àncore del passato), dall’adozione di nuove forme di linguaggio, di nuove simbolie, di nuove forme di esternalizzazione di sé (nome, abbigliamento, acconciatura ecc.).

Arrivato alla terza fase, l’adepto ha letteralmente liquefatto la propria precedente identità, quasi dimenticandola del tutto ed è divenuto una pagina bianca sulla quale scrivere a proprio piacimento. E Charles vi scrisse orrori, brutalità, sangue e crudeltà, che lo resero la personificazione vivente del male. “Mr Satan” fu uno dei suoi appellativi, guadagnato non certamente senza motivo.
Annoverato tra i più efferati Serial Killer della storia e condannato ad un ergastolo che sconta ancora oggi, resta il dato di fatto che Charles quei delitti non li compì mai. Riuscì ad innescare una strage ed una carneficina, senza mai sporcarsi le mani, soltanto grazie al potere della sua mente e delle sue parole, inducendo così altri a realizzare al suo posto i suoi piani diabolici. Per tale ragione, verrà ricordato nella storia come il manipolatore mentale più letale di sempre.

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