Matti! Siamo tutti, matti! Urliamo, c’insultiamo, da nevrosi, siamo afflitti!
Spariamo dei sorrisi, degli alibi perfetti, colletti inamidati, dai trascorsi assai sospetti!
Siamo tutti matti! Fuori ogni misura, in fondo a ogni promessa, l’incertezza e la paura.
Fragili ed inetti, bugiardi, trasformisti, regalaci un computer, se non vuoi vederci tristi!
Siamo tutti matti… Matti! Sciocchi o intraprendenti, vere oppure appariscenti, decidiamo che destino avremo mai…
Se l’occhio andrà d’accordo col cervello, se il cuore ci dirà la verità!
Teneri, incompresi, a quelle labbra ancora appesi, questa guerra è bella, ma ci esaurirà!
Uomini, che fantasia! Donne, anche voi, che imprudente, bugia!
Matti! Senza via d’uscita, ogni sistema è buono, per fregare questa vita!
Barche senza remi, asciutti temporali, frammenti d’infinito, in balia dei cellulari!
Siamo tutti matti, matti proprio tutti, buoni solamente a strofinarsi dentro i letti,
Vuoti di memoria, vittime in carriera, grazie ad una mela siamo entrati nella storia!
Siamo tutti matti…
Matti…
Matti.
L’avete riconosciuta? Essì, è la sigla di quel geniale programma che fino a qualche anno fa impazzava e divertiva – un raro caso – in tv: Ciao Darwin! Per chi non lo sapesse l’autore di questa superlativa intuizione psico-sociologica sotto forma di canzone è Renato Zero. Che dire: chapeau!
Orazio Cucè
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