Coppia: in principio era l’Attaccamento

Nasciamo matti. Su questo si hanno ormai pochi dubbi e sempre più evidenze. Fragili, dipendenti, con l’unico mezzo del pianto disperato per comunicare, con visioni parziali e frammentate del mondo e bisogni da colmare: fame e calore, che non siamo in grado di procurarci da soli.

Una neotenia (il cucciolo d’uomo è infatti il più lento a svezzarsi) in cui il ruolo della madre e successivamente del padre diventano cruciali. Tenete presente che quando un bambino molto piccolo ha fame o freddo o dolore o paura ha bisogno di un conforto. Beati quei bambini le cui mamme non sono convinte di fare un danno abbracciandoli e tranquillizzandoli.

Ma dal momento che la mente del neonato non è ancora in grado di formarsi un’immagine, non appena la mamma va via accade all’interno qualcosa come “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” e “se la mamma è sparita, se non la vedo più non c’è più, sarà morta o mi avrà abbandonato, non resta che disperarmi”.

E’ col tempo che il bambino deve sviluppare la cosiddetta costanza dell’oggetto, una rappresentazione mentale che consente di tenere a mente una persona – la madre in questo caso – anche quando non è fisicamente presente. “Non la vedo, ma so che c’è”, ovvero sviluppo la sicurezza che “se avrò bisogno tornerà”.

Signori, siamo alle radici dell’attaccamento. Da qui si determina tutta la nostra capacità di relazionarci con gli altri e col mondo. Ma cosa succede quando questa sicurezza non viene raggiunta? Se la mamma a volte arriva e a volte no, se abbraccia il figlio quando fame ma lo rimprovera quando ha dolore, magari agitata all’idea di non comprendere cos’abbia, crearsi un’immagine costante è più difficile, l’altro è imprevedibile ed è facile sviluppare reazioni di ansia.

Per non parlare delle situazioni estreme di trascuratezza e abuso, in cui l’attaccamento è totalmente disorganizzato perchè non si riesce ad integrare l’immagine di un genitore che ti ha dato la vita con una persona in grado di farti del male, facendoti mancare ciò di cui hai bisogno.

Salto evolutivo. Diciamo che abbiamo superato l’adolescenza. Le modalità relazionali, restano, neanche tanto sorprendentemente, quelle. Se il partner non risponde al telefono si attivano differenti schemi in base alle esperienze precoci. Una penserà “non lo vedo, ma so che c’è, se avrò bisogno tornerà” un’altra penserà “sarà morto o mi avrà abbandonato”. Le emozioni conseguono agli schemi di pensiero che attiviamo. Però, in quanto tali, sono passibili di modificazioni. Sicuramente l’esperienza infantile darà pure un taglio e la tendenza sarà a ripetere le esperienze relazionali vissute coi nostri genitori o replicare le loro stesse storie. Ma abbiamo sempre un’altra chance: la conoscenza di se stessi, che può attutire quanto non risolto nei primi mesi di vita, che può cambiare le nostre sorti relazionali.

E’ consentito nascere matti, non lo è rimanerci.

Amelia Rizzo

Amelia Rizzo

Amelia Rizzo, classe 1986. Si laurea in Scienze Cognitive e Psicologia presso l'Università degli Studi di Messina. Collezionista di titoli, a causa della sua passione per la Ricerca viene condannata a tre anni di Dottorato, ma pare ne abbia già scontato la metà. Chiamata a curare la rubrica di #psycologia, non ha potuto rifiutare questa insolita richiesta d'aiuto.
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