Dire di no: come rifiutare richieste, inviti e favori che non ci va di fare

Ogni giorno impieghiamo circa l’80% del tempo nella comunicazione di cui: il 45% nell’ascolto, il 30% nel linguaggio parlato, il 16% nella lettura ed il 19% nella scrittura.

Eppure a scuola viene dedicato molto tempo all’apprendimento della lettura e della scrittura, ma altrettanto non viene fatto col linguaggio o addirittura con l’ascolto.

Quindi, nonostante la comunicazione orale sia lo strumento principale utilizzato nelle nostre interazioni quotidiane, essendo alla base della relazione, non è così ovvio saper comunicare.

A molti sarà ad esempio capitato almeno una volta nella vita – ai più sfortunati anche più volte al giorno – di non riuscire a dire di no. Questo atteggiamento è tipico dei soggetti Dipendenti dalla ricompensa, ovvero da quelle persone che, per temperamento, dipendono dall’approvazione sociale.

Plausibilmente, in modo del tutto automatico, si attivano dei pensieri negativi quali ad esempio: se dirò di no > l’altra persona potrebbe offendersi > potrebbe rimanerci male > potrei ferirla > potrebbe pensare che non sono un buon amico > che non sono affidabile > abbandonarmi.

Sono dunque delle persone che pur di mantenere la relazione desiderano corrispondere perfettamente a quello che gli viene richiesto in modo da non deludere l’interlocutore e garantirsi una vicinanza affettiva.

In realtà, come è evidente, non è possibile rispondere positivamente a tutte le richieste che ci vengono fatte. Immaginate la vostra giornata se doveste dire di si a tutto quello che vi viene chiesto di fare: probabilmente non avreste il tempo di fare tutto, oppure, nella peggiore delle ipotesi, dicendo di si a tutti, trascurereste quello che invece desiderate fare voi in quella giornata.

Ma come si può dire di no senza causare i tanto temuti danni alla relazione? La modalità proposta dalla Psicologia della Comunicazione permette di rifiutare richieste ed inviti senza offendere l’interlocutore.

Le caratteristiche di questa risposta consistono principalmente nel motivare il “no”. Un “no” secco potrebbe effettivamente offendere o irritare. Intanto si può – perchè proprio è lecito, anche se non ci siamo abituati – prendere tempo per rispondere: non siamo costretti a dare una risposta immediata.

Questo tempo a cosa serve? A domandarci se veramente ci va di fare quella cosa, o se siamo disposti a fare quel favore, ad ascoltare cioè le nostre emozioni in proposito.

Qualora l’esito fosse negativo – non ci va, non siamo disposti – possiamo comunicarlo, senza ambiguità (ad esempio “vorrei tanto, ma non posso!” oppure “vorrei ma mio marito non vuole” – spostando cioè la causa all’esterno).

Attenzione dunque: la regola numero uno è essere (sufficientemente) sinceri. La comunicazione è efficace nella misura in cui non è menzognera. Per sufficientemente sinceri intendo che se una cosa vi fa veramente ****** potreste essere sinceri anche dicendo: “non incontra i miei gusti”.

Regola numero due: l’assunzione di responsabiltà (es. “questa cosa preferisco non farla perchè mi sentirei a disagio / perchè non mi piace molto / perchè non è interessante per me”). Nessuno può sindacare sui nostri gusti, o sulle nostre emozioni, come dice il proverbio latino.

Regola numero tre: proporre una alternativa. Es. “collega, non posso proprio sostituirti mercoledì, perchè ho un impegno molto importante per me, ma capisco anche la tua necessità, proviamo a trovare un’altra soluzione”.

In conclusione, rifiutarsi attraverso una comunicazione efficace permette un’assunzione di libertà e di identità, poichè si ha la possibilità di affermare quello che ci piace e quello che non ci piace, quello che ci interessa e quello che non ci interessa, partendo dal presupposto che è assolutamente condivisibile il fatto che non tutto possa piacerci o interessarci.

Fatemi sapere.

Amelia Rizzo

Amelia Rizzo

Amelia Rizzo, classe 1986. Si laurea in Scienze Cognitive e Psicologia presso l'Università degli Studi di Messina. Collezionista di titoli, a causa della sua passione per la Ricerca viene condannata a tre anni di Dottorato, ma pare ne abbia già scontato la metà. Chiamata a curare la rubrica di #psycologia, non ha potuto rifiutare questa insolita richiesta d'aiuto.
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