E’ giusto privare una madre del proprio figlio neonato in nome dei suoi precedenti penali?
La questione appartiene alla cronaca recente e dunque non si può non fare riferimento al caso della coppia di genitori già condannati per reati gravissimi (alias “la coppia dell’acido”), nel quale è stato allontanato dalla madre il bambino appena nato.
Naturalmente il tema è molto delicato ed io non credo che il diritto positivo contenga necessariamente tutte le risposte; quello che so è che il Tribunale competente adotterà ogni decisione secondo l’interesse primario del bambino, da ritenersi prevalente su ogni altro, quale ad es. quello, sia pur fondamentale, della madre. Il bambino non è in grado di esprimere la sua opinione ed una società civile deve prendere posizione per lui, avvalendosi dei migliori strumenti di tutela per rappresentarne gli interessi.
Dunque la domanda si riduce a questa: qual è il miglior interesse del neonato? La risposta non può avere portata generale e deve essere sempre strettamente misurata al caso di specie.
Nel caso in cronaca il PM ha depositato al Tribunale per i minorenni un ricorso per l’adottabilità del bambino; il Tribunale ha ordinato provvisoriamente l’allontanamento del neonato al fine di potere decidere nel merito in assenza di “condizionamenti derivanti da aspettative”, consentendo al contempo alla madre di vedere il figlio una volta al giorno.
Il provvedimento mi pare equilibrato. In realtà esistono case di reclusione per donne in custodia cautelare con figli fino a sei anni, senza sbarre nelle celle e dotate di spazi adeguati per i bambini; inoltre l’ordinamento penitenziario ha previsto misure alternative alla detenzione per condannate con prole (sempre che non si tratti di reati inclusi nell’art. 4 bis O.P., cd. reati ostativi). Tuttavia occorre considerare che, oltre la gravità dei reati contestati alla mamma, nel caso di specie ci troviamo di fronte ad un quadro psicologico fortemente compromesso, che incide negativamente sulla valutazione del Tribunale in ordine alle reali capacità della donna di svolgere il ruolo di mamma.
In questo quadro appare preferibile optare per l’adozione, essendo troppo alto il rischio di un grave pregiudizio alla crescita del bambino; si è preferito perciò evitare di alimentare un rapporto destinato a non evolversi. Infatti, in presenza di un legame consolidato il Tribunale dovrà preoccuparsi in futuro di evitare i traumi da distacco e la strada dell’adozione si complicherebbe notevolmente.
Non si prendono decisioni simili a cuor leggero; in casi estremi però l’interesse del bambino può coincidere con la soluzione più radicale ed il Tribunale, come in questo caso, non può sottrarsi ad assumerla.
Avv. Andrea Florio
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