#E-mozioni: le trappole mentali della Paura

La paura è una di quelle emozioni che si è conservata evolutivamente per la sua straordinaria capacità di allontanarci dai pericoli. Un segnale rapidissimo, elaborato prima a livello visivo, permette la percezione dello stimolo ed il processamento cerebrale decide se dare un segnale d’allarme passando al vaglio di una piccola ghiandola posta nelle zone più interne del sistema limbico chiamata amigdala (che significa mandorla, ndr). E’ come una sirena rossa stridula e lampeggiante che ci avverte dell’imminente pericolo.

Il guaio è quando percepiamo il pericolo anche dove non c’è, scatenando una reazione di panico, o nei confronti di stimoli tendenzialmente innocui, come alcuni animali – ad esempio i volatili – sviluppando vere e proprie fobie. Ma in questa sede non ci occuperemo della psicopatologia, né della reazione emotiva ad uno stimolo che è presente nel nostro ambiente. Perchè nel comune nevrotico, ben che ci vada, come diceva Freud, la paura non sempre concettualmente ha la forma definita della fobia. A volte la paura è sfumata e può derivare da stimoli interni, ad esempio da un pensiero o da una fantasia.

Benchè fisiologicamente le nostre cellule si rigenerino continuamente – nel giro di un paio di anni, incredibilmente, abbiamo delle ossa quasi completamente nuove – quando si tratta del cambiamento sfoderiamo tutte le armi difensive possibili per mantenere lo status quo. Si badi bene, certamente questo non riguarda tutti, ma molti non hanno paura dei cani o dei piccioni quanto hanno paura del cambiamento.

Dicevamo benchè tutto intorno a noi muti e il nostro corpo stesso cambi sotto i nostri occhi, anche se in modo impercettibile, il cambiamento dal punto di vista psicologico è tutta un’altra storia. Nella vita abbiamo appreso per qualche ragione che determinati comportamenti, abitudini, modi di regire funzionano. A volte funzionano davvero, ma a volte semplicemente permettono di evitare che accada qualcosa di peggio. E preferiamo l’immobilità, più sicura, ma quanto di più simile ci sia alla morte.

Forse ad un livello ancora più profondo della paura dell’ignoto, di ciò che non possiamo controllare, c’è la paura di fallire, di non farcela. Così magari si va avanti per anni in quella storia che non funziona, non si ha il coraggio di tagliare un’amicizia, di lasciare quel lavoro così frustrante. Certamente nella sfera relazionale intervengono dinamiche molto più profonde ed angoscianti, paure di solitudine, di abbandono, ma soprattutto di perdita del controllo che spesso si preferisce non affrontare.

E infine c’è persino chi non ha paura di fallire, ma ha paura di riuscire. Anche le cose belle possono spaventare. Non è raro sentire di scompensi dovuti al successo: la vittoria di un concorso, il momento della Laurea, una vincita inaspettata. Così a volte si mettono in atto dei comportamenti auto-sabotanti: senza accorgersi ci si allontana inconsciamente dalla propria realizzazione.

Fare un salto nel vuoto è difficile, ma per l’immobilità c’è un’eternità.

Amelia Rizzo

Amelia Rizzo

Amelia Rizzo, classe 1986. Si laurea in Scienze Cognitive e Psicologia presso l'Università degli Studi di Messina. Collezionista di titoli, a causa della sua passione per la Ricerca viene condannata a tre anni di Dottorato, ma pare ne abbia già scontato la metà. Chiamata a curare la rubrica di #psycologia, non ha potuto rifiutare questa insolita richiesta d'aiuto.
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