MEDEA (da Euripide)
regia e ideazione scenica di Carmelo Lombardo
aiuto regia di Laura Lazzaro
Arsinoe Delacroix
con Alice Sgroi, Tony Bellone, Giada Caponetti, Luisa Ippodrino e Antonio Aiello
Costumi: Carmelo Lombardo
Giusy Lombardo
Progetto Grafico: Federico Napoli
Progetto Fotografico: Domenico Pititto
16 e 17 Gennaio, ore 21:00
INGRESSO LIBERO CON SOTTOSCRIZIONE VOLONTARIA
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“Medea è la vittima tipica del passaggio di una civiltà quando la società umana, da primitiva, patriarcale ed eroica, diventa società politica retta da concetti politici.” Sin dall’inizio Medea appare una bestia a cui non viene riconosciuta nessuna attenuante e nessuna pietà. Essa è posta ai margini del mondo umano e divino, quasi a divenire una totale figura “nera”. Ma accanto a questo, Medea è anche una figura travolta dalle ambiguità e dalle contraddizioni della vita che potrebbero anche portare ad intenderla innocente e senza colpa, vittima soltanto di un ordine sociale in cui prevalgono la brutalità e la ferocia. La vendetta dell’eroina è terribile. E terribile sarà anche il ricordo che ognuno terrà in sé di questa donna. Donna, appunto, prima che maga, strega, straniera e assassina. Una donna che vive i suoi drammi, che ha condiviso i drammi del suo uomo e che si vede ripudiata e abbandonata al suo destino. Una donna che ha amato e che continua ad amare, nonostante le incertezze, le incongruenze e gli errori. Una donna innamorata di un uomo che la disprezza. Un uomo che si crede forte, privo di ogni male e capace di tutto. Un uomo muto e sordo, un uomo vuoto, come la società lo vuole; dedito solamente alla ricerca di piacere e dell’affermazione personale. Medea è la chiara rappresentazione della terribile difficoltà o impossibilità di intendersi fra civiltà diverse, un monito tragicamente attuale su come sia difficile, per uno straniero, cessare veramente di esserlo per gli altri. Ed infatti Medea è il tragico esempio dell’antenata di un’immensa quantità di donne che hanno subìto una persecuzione e che respinte dalla propria patria vagano di terra in terra, quasi senza identità, se non quella che viene loro costruita intorno dalla loro stessa aura, divenendo profughe, vagabonde e deportate.