Il volto oscuro del potere: gli assassini dell’umanità

Il male, esattamente come il bene, fa parte della natura umana (argomento che abbiamo precedentemente trattato ne Il fascino del male). E così i suoi effetti, come la distruttività e l’impulso ad annientare (che possono manifestarsi attraverso un’azione concreta o – più frequentemente – attraverso un’azione passiva) agiscono su tutti gli individui, seppur a differenti livelli di coscienza.

Quella che affronteremo oggi è una tematica molto delicata, sia perché difficilmente inquadrabile in una categoria criminale specifica, sia perché gli effetti a cui questo genere di crimine conduce sono devastanti.

L’assassino dell’umanità (humanity murderer) è quel governante o leader passato alla storia come “tiranno sanguinario” o “despota crudele e assassino” che, spinto da ideali di grandezza, salvezza, purezza e tutela, ha manipolato grandi masse per compiere un numero impressionante di omicidi. Omicidi per pura distruttività.

Sempre più spesso si è portati a fare osservazioni che imputano gesti efferati e crudeli alla malattia mentale (“Non può che essere malata una persona che arriva a fare questo”) o, al contrario, a considerare comportamenti normali o aspetti positivi di un criminale, elementi che confermano la sua innocenza (“Era un bravissimo lavoratore” o “Era un ottimo padre, non può aver fatto questo”). Niente di più sbagliato può essere affermato, se consideriamo che molti assassini sono sani di mente in senso giuridico o che tiranni crudeli e sanguinari sono anche esperti politici o bravi genitori. All’interno della stessa persona possono convivere aspetti positivi e aspetti negativi e nulla vieta che un pluriomicida possa essere anche un professionista competente  o un figlio encomiabile.

Detto ciò, non è facile stabilire delle tipologie nette di assassini dell’umanità senza cadere nel grossolano; ma per una questione di praticità, gli studiosi si sono concentrati sulle loro tendenze omicidarie che, a seconda che siano etero o autoaggressive, fanno parlare di assassino dell’umanità prevalentemente omicidario e di assassino dell’umanità prevalentemente suicidario. Non necessariamente le due tendenze sono circoscritte e separate; anzi, può accadere molte volte che esse siano intimamente legate tra loro.

Stalin, per esempio, è passato alla storia come un despota moderno autore di milioni di vittime che, attraverso un sistema basato sul controllo maniacale e sulla sottomissione, sulla tortura sadica e sulla violenza psicologica, ha proceduto all’annientamento non solo dei suoi nemici espliciti ma anche di quelli potenziali. Con tendenza prevalentemente omicidaria, Iosif Vissarionovič Džugašvili (questo il suo vero nome) aggiornava ogni giorno una lunga lista di personaggi “scomodi” che avrebbero dovuto essere annientati; e Kirov fu uno di questi, ucciso con un colpo di arma da fuoco da un sicario il quale, a sua volta, venne ucciso perché fosse garantito il silenzio. Sulla base del principio che “il partito può tutto”, anche dentro lo stesso imperversava il terrore e la morte.
Dopo la scomparsa della prima moglie, da lui descritta come «quella creatura che ha addolcito il mio cuore di pietra», i suoi sentimenti più affettuosi morirono insieme a lei, lasciando il posto ad un animo profondamente cinico e ad una vita di vuota apparenza, sia nel contesto familiare che in quello sociale. Era un uomo piuttosto mediocre, ma con una grande forza di volontà e con un’innata e dirompente crudeltà, capace di manovrare abilmente gli altri perché alternava minacce a ricompense: fu così che il suo popolo cominciò a sviluppare una sorta di adorazione nei suoi confronti, che è probabilmente ciò che accade nella Sindrome di Stoccolma (particolare stato psicologico che si instaura tra carceriere e prigioniero).
Questa capacità di manipolare e di suggestionare gli altri è tipica di molti criminali, e chi ha esperienze in carcere conosce bene le difficoltà che incontrano gli addetti ai lavori nella fase di trattamento e di reinserimento dei detenuti, che fanno molto spesso leva sulle debolezze umane o su evidenti carenze del sistema, per gestire le emozioni altrui e sfruttarle a proprio vantaggio. Stalin era uno di questi, con una componente sadica che metteva in campo rassicurando le persone fino a farle sentire al sicuro, per poi arrestarle a un giorno di distanza. E tutto questo per soddisfare un piacere sadico, mentre l’immagine che costruiva all’esterno era quella della grande crescita economica e dell’industrializzazione.

Un esempio di assassino dell’umanità prevalentemente suicidario fu sicuramente Hitler. Accusato di crimini contro l’umanità e di reati contro la pace, si rese artefice di milioni di morti, precedute da lunghe persecuzioni. Tutto ebbe inizio nella “notte dei lunghi coltelli”, quando la Gestapo e le SS uccisero i suoi nemici e avversari politici insieme a numerosi innocenti, episodio che diede l’avvio ad una serie di leggi disumane: la legge sulla sterilizzazione, la legge sulla salute coniugale (che impediva alle persone disabili di contrarre matrimonio e di procreare), il “programma di eutanasia” (che prevedeva l’eliminazione di persone inferme, con problemi neurologici o psichiatrici e di bambini dai tre ai tredici anni). Cominciò poi la campagna di odio verso le “razze inferiori” come gli ebrei, gli zingari e gli omosessuali, per giungere a colpire anche la classe dirigente polacca. Un fiume in piena di violenza che contò milioni e milioni di morti, mentre il suo sguardo magnetico, la sua capacità oratoria, il suo profondo narcisismo e la sua apparente sicurezza in un momento molto incerto per la Germania, conquistavano il suo popolo. I comportamenti di Hitler rimandano tutti ad una personalità sadica e masochista, profondamente narcisista, concentrata su se stessa, con un bisogno strumentale degli altri; il tutto favorito da un gelido distacco. La realtà che viveva con se stesso era probabilmente diversa: ricorrendo ai meccanismi di difesa della razionalizzazione e della formazione reattiva, legittimò a se stesso la sua forza distruttiva in nome della crescita della “sua” Germania ma, nel contempo, sviluppava comportamenti che andavano nella direzione opposta. Hitler era vegetariano, fobico verso i cadaveri e maniaco della pulizia, tutti atteggiamenti volti a negare la sua distruttività. Eppure per molti rappresentava “La Germania” e continuò a rappresentarla fino al giorno (e anche dopo) del suo suicidio, avvenuto il 30 aprile del 1945, quando con un colpo di rivoltella alla testa si tolse la vita; seguì il suicidio della moglie Eva che ingerì del cianuro e, qualche ora dopo, di Goebbels (suo fidato collaboratore) che si rese artefice di un “suicidio allargato”, trascinando la moglie e i suoi sei figli.

Risulta incredibile come la capacità carismatica di un uomo possa portare – chi subisce quel fascino – alla legittimazione delle più atroci e insensate azioni. Eppure la nostra storia è intrisa di leader carismatici, di personaggi affascinanti, di abilissimi oratori e comunicatori, che attraverso la qualità innata (e non acquisibile) del carisma, hanno guidato le menti di milioni di persone, rendendosi autori di veri e propri genocidi di cui l’umanità, ancora oggi, porta un segno indelebile.

Sonia Bucolo

Sonia Bucolo

Criminologa ed Esperta al Tribunale di Sorveglianza di Messina, si laurea in Scienze Politiche e si specializza in Criminologia. Oggi prosegue i suoi studi in Psicologia, coniugando studio e lavoro. Studiosa del fenomeno criminoso e dei fenomeni carcerari, nella loro complessità, cura la rubrica di Criminologia di scirokko.it, occupandosi dell'analisi e della divulgazione delle fattispecie criminologiche.
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