La Feluca: tradizione nello Stretto

Dall’arabo falu:ka, per approdare poi al greco epholkion – “scialuppa”, la Feluca è un’imbarcazione tipica del Vicino Oriente e del Nord Africa, frequente, ad una o due vele, sia nel mar Rosso che nel Nilo, diventata poi, in Sicilia e Calabria, il tradizionale peschereccio per la pesca “du pisci spada”, una vera lotta tra l’uomo ed il pesce, caratterizzata da urla, ma anche da silenzi accompagnati da sguardi d’intesa fra l’equipaggio per cogliere di sorpresa la possibile preda. Per questo era accompagnata da tutta una serie di riti, anche piuttosto strampalati e non molto ricercati, quali: la “runzata”, far urinare l’imbarcazione da bambini per augurio di buona pesca o lo “schiticchio” o “scialata”, un pranzo o una cena abbondante offerta dai proprietari delle barche ai marinai. Altro rito, il più misterioso ed esistente ancor oggi è la “carcada da cruci”, che consiste nell’incidere con le unghie la guancia destra del pesce in segno di croce multipla. Sembra che fosse segno di prosperità o di riconoscimento verso il pesce per il suo nobile valore di combattente. Mai, però, l’incisione doveva essere fatta dal fiociniere! Quando il mare non concedeva una pesca per molto tempo, la barca doveva essere benedetta da un prete oppure si ricorreva alle più disparate formule “magiche” o ancora si chiamava una ragazzina per farla urinare sulla prua.

Mentre il più crudele ma efficace metodo di pesca resta l’avvistamento di una parigghia, un pesce spada maschio e una femmina. In questo caso, bisogna fiocinare prima la femmina perchè il maschio, in cerca della compagna, rimarrebbe nei paraggi e dunque pescato facilmente. Questo crudele rito ha ispirato una bellissima canzone di Domenico Modugno, “U pisci Spada”.

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