“Solo perché sei paranoico
non significa che non ti stiano addosso”
Spesso utilizziamo questo termine nella vita quotidiana (es. “sono in paranoia”, “sei paranoico”) per indicare una eccessiva preoccupazione, con la particolare caratteristica di associarla ad una attività cognitiva. Intendiamo infatti dire che siamo consapevoli che la nostra preoccupazione, o quella dell’altro, è molto più intensa rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare dalla situazione.
Il termine “paranoia” infatti risale etimologicamente alla lingua Greca antica ed è composto dalle parole “para” che significa “oltre”, “al di là”, e “noia” che viene da “nous”, e significa “mente”. Quindi una “mente che va oltre”, sostenuta a livello delle rappresentazioni da un processo interpretativo della realtà.
Questo significherebbe che la paranoia è una tendenza ad attribuire significati negativi e dannosi alle intenzioni degli altri o alle loro azioni. Diverse ricerche, confrontando soggetti psicotici e soggetti non clinici cioè “normali”, hanno osservato che questo processo ha un fondo comune.
La paranoia infatti è un processo cognitivo e affettivo molto sfumato, che si può esprimere in diversi gradi, dalla sospettosità, ai tratti paranoici di personalità, al delirio paranoideo. Quello che contraddistingue un processo patologico è l’intensità, ovvero la modalità più o meno sistematica, con cui viene utilizzato.
Questi studi, dicevamo, dimostrano che a tutti può capitare che un pensiero paranoico attraversi la mente, anche se sarebbe meglio non capitasse mai. Tuttavia quando queste valutazioni negative vengono usate sistematicamente per interpretare la realtà si entra in un circolo vizioso per cui si agisce alla ricerca di prove che confermino la visione persecutoria, creando notevoli disagi nell’adattamento, nei confronti di un mondo percepito come ostile.
Quello che è davvero interessante non è tanto che i due gruppi di cui sopra abbiano una comune visione negativa degli altri, ma che mostrino una valutazione negativa di se stessi. Riducendo la questione ai minimi termini, sono più preoccupati del giudizio degli altri coloro che non credono di valere poi così tanto come persone, chi ha cioè bassa autostima e nutre immotivati sensi di colpa e vergogna.
Attraverso il processo di proiezione, ovvero l’attribuzione agli altri di pensieri e sentimenti propri, questi soggetti tendono a pensare che gli altri ce l’abbiano con loro, che li valutino negativamente, che facciano apposta ciò che fanno.
Diversi modelli cognitivi sulla paranoia enfatizzano che le evoluzioni di tali valutazioni negative sugli altri (per esempio credere che gli altri siano inaffidabili, cattivi, ambigui) sono importanti nella comprensione della paranoia in termini di valutazione di sé.
Quando un individuo non ha fiducia nel proprio valore o nelle proprie abilità le vie da prendere sono due: accusare gli altri (per esempio “gli altri sono subdoli, inaffidabili, cattivi, severi”) o vantarsi, per difesa.
Provate a pensare a una persona di vostra conoscenza che si vanta molto, mostrando manie di grandezza, se andate un po’ più a fondo troverete che conduce una vita normale, o addirittura è meno adattato di altri, insomma non avrebbe realmente di che vantarsi. Eppure le sue frasi iniziano sempre con “Io, io, io…!”, quasi a voler costantemente ricordare a se stesso e agli altri che invece vale e come. Bisogno che invece non appartiene a chi ha una adeguata stima di sé, crede nelle proprie capacità e nel fatto che siano evidenti agli altri.
Allora, come suggerisce il Dott. Lloyd Humphreys, considerando che parliamo di soggetti cosiddetti normali, la distorsione messa in atto per proteggere la propria autostima perde la connotazione di sintomo e, data la sua diffusione nella popolazione generale, solleva una domanda: essendo associata ad esperienze molto comuni, tale distorsione potrebbe forse essere considerata una strategia difensiva?
Tale riflessione è plausibile, ma ci si difende da una minaccia percepita e spesso la sfumatura fra reale e immaginario non è così netta, come si può leggere in queste esperienze, condivise da alcuni utenti su un forum:
Frà: Vado in palestra, scambio 2 battute con una ragazza, vado in bagno, quando torno trovo la ragazza e l’istruttore che ridono, in testa mi scatta che stanno ridendo di me. Questo è solo un esempio di centinaia di pensieri paranoici che ho durante la giornata, come si cura la paranoia?
Walsh: Ma cose di questo genere penso siano tutto sommato normali… a me succede spesso, eppure non credo di essere più paranoica della media.
Prigioniera dei sogni: anche per me è normale come cosa. Io, in una situazione del genere penso per pochissimo tempo al fatto e non e’ che in un’ora di allenamento, mezza la passo a pensare all’ episodio dei “due” che probabilmente se la stavano ridendo alle mie spalle.
Walsh: Ti capisco bene Frà ci passo tutti i giorni in questa situazione. In ogni posto in cui mi trovi mi sento tutti gli occhi addosso e penso che lo stanno facendo per giudicarmi e parlare male di me e questo mi fa star male. Io provo a realizzare che è solo una paranoia ma non riesco proprio ad uscire da questo circolo vizioso (da:http://psyco.forumfree.org).
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