“L’Eco del Professore” sembrerebbe il titolo di una rivista per intellettuali, invece è un mio personalissimo e banale gioco di parole riferito alla morte di una delle più illustri persone e personalità del nostro Paese: Umberto Eco. Tutti sanno chi è, tutti! E’ al pari di una Star anzi, sono state le Star a doversi adeguare, è lui il metro di misura per stimare la propria popolarità. Se sai chi sono Umberto Eco e Pippo Baudo, non solo puoi considerarti italiano ma puoi persino considerarti tu un intellettuale; ovviamente non perché conosci i titoli dei suoi scritti ma perché li hai anche letti.
Eco, non è un caso che si chiami così, perché ha fatto eco come una Rock Star è “arrivato” a tutti, ovunque, e sembra ovvio ma non lo è. Scuole, Università, salotti e circoli culturali, quello sì che è ovvio. Ma arrivare negli scaffali di una libreria della periferia più recondita di un piccolo paese di provincia, quello sì che è Rock. Essere neologismo, icona, figura di spicco, patrimonio culturale del nostro Paese e restare un uomo, ironico, simpatico a detta di chi lo ha conosciuto personalmente, a riprova del fatto che una grande levatura culturale non implica alterigia. Eco sarà morto felice, sono certa, per quello che ha dato e che ha ricevuto dal nostro Paese, per quello che ha dato prima di tutti a se stesso.
Intanto a Messina un altro professore fa eco. E non è dei migliori. Non mi impiccio anche perché mi annoiano queste vicende e lascio alla magistratura il proprio compito. Ma vedete questa vicenda mi ha fatto ripensare a quando al Liceo mi passavano il compito in classe di matematica. Ne veniva fuori un pasticcio. Perché io, non solo non sapevo fare ma non sapevo neanche copiare. E la sensazione è che la stessa cosa sia successa al professore, solo che al Liceo me lo sono permesso perché non volevo portare un brutto voto a casa e rischiare una punizione ma “alla nostra età professore!”. Che poi, per quanto ne so, è anche un ottimo professore, ed è per questo che Eco si starà rivoltando nella tomba.
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