Lo Stalking

Lo stalking è un fenomeno tutto sommato nuovo, che viene fatto risalire intorno agli anni 80 del Novecento. Se ne iniziò a parlare negli Stati Uniti, in seguito all’omicidio dell’attrice Rebecca Schaeffer, uccisa brutalmente dopo un periodo di controllo e di pedinamenti da parte del suo ammiratore Robert Bardo. Lo stesso era accaduto qualche anno prima all’attrice Theresa Saldana (1982).

Il termine stalking deriva dall’inglese to stalk (“fare la posta”, “braccare”) e fa riferimento ad un instancabile atto persecutorio ai danni di qualcuno, la cui vita viene fortemente condizionata da tale insistenza.

Dagli anni 80, dunque, si palesa una nuova forma di paura che diviene una nuova tipologia di reato, riconosciuto in Italia solo nel 2009, con l’entrata in vigore dell’art. 612 bis del Codice Penale, che ha introdotto il reato di “Atti persecutori”. Il nuovo reato prevede la reclusione da sei mesi a quattro anni per chi, reiterando comportamenti volti a minacciare e molestare qualcuno, ingeneri nella vittima «un perdurante e grave stato di ansia o di paura» o un «fondato timore» per l’incolumità propria, di un congiunto o di una persona a lei legata da una relazione affettiva o, ancora, la costringa ad «alterare le proprie abitudini di vita».

Quando si parla di stalking, si fa riferimento a tre elementi senza i quali non esisterebbe questa fattispecie: il molestatore, il molestato e le molestie. Analizzarli nello specifico ci dirà molto di questa tipologia di reato, che in Italia viene compiuta in gran parte da uomini (nell’80% dei casi) ai danni di ex coniugi o ex partner, durante o nella fase immediatamente successiva alla separazione. A tal proposito, l’art 612 bis del Codice Penale prevede che la pena aumenti se il fatto è commesso ad opera del coniuge legalmente separato o divorziato o lasciato a seguito di una relazione affettiva.

Il molestatore: lo stalker

Coloro che si sono approcciati allo studio dello stalking hanno cercato di costruire una classificazione, basandosi sull’osservazione, per meglio inquadrare le varie tipologie di molestatori, al fine di gestirli e di aiutare le vittime.

La classificazione che risulta più completa, perché inquadra più fattispecie, è quella operata da Mullen et al., che indagando sulla relazione preesistente tra vittima e stalker, sulla diagnosi psichiatrica e sulle motivazioni che stanno alla base di tale comportamento, ha così suddiviso le tipologie in:

  • Il respinto: è colui che a seguito di un abbandono o di un rifiuto cerca di ristabilire una relazione spezzata, per far fronte ad un vissuto abbandonico che è in lui distruttivo. I comportamenti finalizzati alla riconciliazione si fondono con quelli finalizzati alla vendetta, che lo portano ad alternare fasi di sottomissione a momenti di aggressività.
  • Il bisognoso di affetto: è una persona che lotta contro un vissuto di solitudine cercando, in ogni modo, di stabilire una relazione con una persona sconosciuta o conosciuta superficialmente. I costanti rifiuti o le reazioni che suscitano nella vittima vengono elaborati in modo positivo, così da portarla a reiterare gli atteggiamenti persecutori. In questa fattispecie rientrano gli star-stalker, ossia coloro che molestano personaggi famosi.
  • Il molestatore incompetente: simile al precedente, si differenzia per l’incapacità di saper utilizzare metodi di corteggiamento consoni, che lo portano molto spesso a sfociare nell’aggressività quando non ottiene i risultati sperati. Essendo una persona slegata da contesti affettivi, è incline a cambiare vittima di frequente.
  • Il rancoroso: è colui che agisce spinto da un profondo rancore, che lo porta a legittimare ogni azione di controllo e di offesa a causa del danno o del torto che ritiene di avere subito. Consapevole del controllo che detiene sulla vittima, lo utilizza in modo perverso per ripagarla di quello che percepisce come male ricevuto.
  • Il predatore: si tratta di una persona che ambisce ad avere rapporti sessuali con la vittima, che organizza assalti, pedinamenti e azioni tese a spaventarla; la paura suscitata nella vittima è un rinforzo che gli conferisce un senso di potere.

Qualunque sia la fattispecie o il movente, lo stalker sembra muoversi all’interno di una dimensione autistica, in cui è talmente concentrato sul suo progetto di conquistare o di vendicarsi, che non raccoglie correttamente le informazioni che la vittima gli lancia; questo lo rende, a sua volta, vittima di se stesso.

Questi persecutori sono quasi sempre persone sole, disperate, vittime di ingiustizie, che non necessariamente presentano una qualche psicopatologia, ma piuttosto un problema relazionale che li porta ad esternare ciò che vivono nell’unico modo che conoscono: attraverso l’imposizione, la violenza e il controllo. Per tale ragione non esistono limiti di età, di sesso, di cultura e di estrazione sociale.

Il molestato: la vittima

Le vittime di stalking sono fondamentali per la comprensione del fenomeno stesso, perché è sulla base del loro vissuto e della loro percezione di paura e di condizionamento che viene a porsi in essere questa tipologia di reato.

La classificazione delle vittime di stalking diventa chiara una volta conosciuta quella relativa agli autori di reato, contrariamente ai danni subiti che necessitano invece di una ulteriore precisazione. Essi possono essere sia di tipo primario che secondario: nel primo caso si tratta delle conseguenze suscitate dalla paura, dalle cure mediche e psicologiche, dalla perdite di giornate lavorative, dai danneggiamenti a beni materiali e dalle perdite economiche; nel secondo caso, il danno si estende a persone terze che sono vicine alla vittima e che intacca la sfera familiare, lavorativa e delle amicizie.

In tutti questi casi, a risentirne in modo consistente è la qualità della vita della vittima che, condizionata dal senso di paura, attua cambiamenti radicali alla sua intera esistenza. Ma non solo. Da un punto di vista clinico è stato osservato che il Disturbo Post-Traumatico da Stress, a cui gli episodi reiterati di molestia e di persecuzione possono condurre, sviluppano nella vittima condizioni di paura, angoscia, tensione, rabbia, isolamento, depressione che persistono anche una volta concluso l’episodio persecutorio e che possono portare allo sviluppo di quadri psicopatologici ancora più gravi: disturbi alimentari, disfunzioni sessuali, perdita dell’autostima e della corretta percezione dell’immagine del Sé, disturbi di adattamento, grave ritiro sociale, alterazioni psico-affettive. E, nei casi più drammatici: forme depressive suicidarie, deralizzazione corporea, isolamento, alterazione della percezione del molestatore, disperazione, perdita di fiducia nel futuro e disturbi somatoformi.

Le molestie

Non potendo soffermarci su tutte le modalità messe in campo dallo stalker nella persecuzione della vittima, citeremo due macro-aree all’interno delle quali esse sono raggruppate:

  • Comunicazioni intrusive e persecutorie che si attuano con l’ausilio di strumenti come: il telefono, le lettere, gli sms, le e-mail o persino i graffiti e i murales.
  • Pedinamenti e appostamenti che costringono la vittima ad avere contatti non voluti con lo stalker.

Trattandosi di un problema di non facile soluzione – essendo ricco di variabili e di sfaccettature – attuare un piano antistalking è pressocchè impossibile. Tuttavia, alcuni accorgimenti possono essere utili per difendersi da un contesto così invalidante. Per cominciare bisogna evitare di negare il problema, riconoscendosi come vittima e quindi come bisognoso di aiuto, se non si vuole rischiare di sottovalutare il rischio e, indirettamente, di aiutare lo stalker; occorre inoltre essere fermi nel rifiuto, senza improvvisare aiuti psicologici o creare condizioni di rinforzo (come, ad esempio, la restituzione di un regalo non gradito); bisogna evitare zone isolate e orari non sicuri e avere sempre a portata di mano un cellulare; se si sente di essere in pericolo, recarsi immediatamente dalle forze dell’ordine.

Sonia Bucolo

Sonia Bucolo

Criminologa ed Esperta al Tribunale di Sorveglianza di Messina, si laurea in Scienze Politiche e si specializza in Criminologia. Oggi prosegue i suoi studi in Psicologia, coniugando studio e lavoro. Studiosa del fenomeno criminoso e dei fenomeni carcerari, nella loro complessità, cura la rubrica di Criminologia di scirokko.it, occupandosi dell'analisi e della divulgazione delle fattispecie criminologiche.
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