Natascha Kampusch: 8 anni di prigionia

Natascha  Kampusch è una bambina di 10 anni come tante, quando la mattina del 2 Marzo 1998 – sulla strada che divide casa da scuola – incrocia lo sguardo di un uomo. Un brivido la percorre, ma lei tra sé e sé si dice di farsi forza, quasi vergognata per quella immotivata paura. Natascha, accelerato il passo, ha ormai quasi sorpassato l’uomo quando Wolfgang Priklopil  la afferra e la lancia nel suo grosso furgone bianco. Da questo momento, per otto lunghi anni, Natascha sarà vittima di numerose vessazioni; blindata in uno scantinato di pochi metri quadri viene privata di qualsiasi libertà personale: sarà il suo aguzzino a stabilire quando può mangiare o se deve digiunare, quando dormire e quando no. Viene privata persino nel suo nome diventando Bibiana. Gli otto anni trascorrono tra “alti” e bassi, ai momenti di crudeltà dell’aguzzino si alternano rari momenti di affetto (sarà la stessa Natascha a dichiarare di aver chiesto un abbraccio dopo i primi mesi di prigionia, e di aver confortato Priklopil per le sue gesta criminose). I giorni tuttavia non passano solo nello scantinato: se dopo quattro mesi alla ragazza è permesso di fare un giro a pianterreno con le finestre sbarrate, in seguito Priklopil la porterà persino con sé al supermercato o in vacanza, ma alle catene fisiche vengono affiancate quelle psicologiche e i piani di fuga vengono tutti soffocati dal timore di essere riacciuffata e uccisa. Il 23 agosto tuttavia, mentre lava la BMW del suo carceriere, l’uomo è in giardino, distratto da una telefonata, ed è allora che Natascha lascia l’aspirapolvere e corre verso il cancello che miracolosamente è aperto. Il suo sorvegliante tenta in un primo momento di inseguirla, ma ormai è troppo tardi; ricercato dalla polizia e con le spalle al muro, Wolfgang Priklopil  si getterà sotto un treno in corsa. Natascha  Kampusch oggi può finalmente svestirsi dei panni di Bibiana tornando alla sua vita, anzi cominciandone una nuova, seguita da una terapista che la aiuta nella vita quotidiana e riprendendo gli studi. A chi le chiede del suo aguzzino risponde di essere addolorata per la fine che ha fatto, quasi in colpa sotto certi aspetti, perché il suicidio fu diretta conseguenza della sua fuga; ma si rende altresì conto che tutto nasce dalla condotta criminosa del suo rapitore. In molti, per il suo caso hanno parlato di sindrome di Stoccolma, altri sostengono non sia questo il caso, visti i numerosi progetti di fuga; lei dal suo canto si dice ferita da chi ha provato a speculare sulla sua storia, di chi ha tentato di riversare le responsabilità dei fatti su di lei, dei dubbi sulle sue dichiarazioni, soprattutto da chi ha fatto insinuazioni sugli aspetti sessuali della sua prigionia, sui quali tiene a mantenere un particolare riserbo. A rispondere alle indiscrezioni, 3096 giorni, biografia scritta dalla stessa Natascha Kampusch, edita da Bompiani che racconta con dovizia di particolari gli otto anni di prigionia della giovane.

Alessandro Longo

Alessandro Longo

Alessandro Longo

Alessandro Longo, classe 1992. Laureando in Relazioni Internazionali e Politiche presso l’Università di Messina, è nato e cresciuto a Torre Faro. Scrive su scirokko.it per la rubrica “Giallo Vintage”, occupandosi della ricostruzione e della narrazione di vecchi casi che, per il loro impatto sociale, hanno interessato la cronaca nera non solo italiana, ma di tutto il mondo.
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