Si chiamano princìpi a potenziamento sedentario (da cui la sigla PPS). O almeno io li chiamo così. Giusto perché mi piace dargli questo alone di tecnologico mistero. E funziona. Chissà quanti si staranno chiedendo cosa saranno mai questi princìpi a potenziamento sedentario. Cercherò di spiegarli. A me prima che a voi: i princìpi a potenziamento sedentario sono quei princìpi che sbocciano in situazioni di sedentarietà. Accidenti che spiegazione esplicativa! Già. Ma è anche più profonda di quanto si creda. L’assunto fondamentale che soggiace a questa chiave interpretativa di questa fetta della realtà è che scavando scavando una pura espressione di un concetto unico di verità comportamentale non esista; che ne esistano piuttosto diversi, in linea di principio tanti quanti sono gli esseri umani e più in generale viventi sulla terra. E tutti ovviamente non dovuti alla propria volontà. Il primo argomento da spulciare, ed immagino per immediatezza il più facile da trovare lungo il cammino, è quello straordinario fenomeno psico-emotivo e sociale che prende il nome di amore. Proprio di recente pensavo alle mie arci-fallite o mega-complesse o certo-diverse storie d’amore, e, premettendo che come ogni ragionamento umano anche questo sia quasi sicuramente compromesso dal tentativo di giustificazione delle proprie posizioni e delle proprie azioni, sostenuto da alcune rilevanti voci fuori campo che come angioletti o diavoletti sulle spalle bisbigliavano consigli alle mie orecchie, mi sono inoltrato in questa passeggiata.
Diceva dell’amore Rimbaud che “andrebbe reinventato”, Kerouac invece lo concepiva a tempo determinato, Garcia Marquez poligamicamente, e svariate altre potrebbero essere le interpretazioni di questo prezioso giocattolo. Tanto da poter mettere in dubbio che l’accezione standard a noi nota non è l’Amore con la A maiuscola come ci hanno sempre voluto far credere. Considerandolo come un Dio, si potrebbe dire che sulle varie esegesi sono state formate religioni che hanno costruito chiese, fondamentalismi, tribunali che hanno combattuto e combattono crociate, facendo proseliti e prigionieri. E invece, invece forse beh quel tipo di amore non è per tutti, non è cosa da tutti. E se non è cosa da tutti, non è allora cosa assoluta. E’ solo ( si fa per dire) cosa potenziale. Eccoci arrivati al dunque: in quanto elemento allo stato embrionale dotato di prospettive di sviluppo variabili, l’amore, così come ogni altra idea, presuppone la presenza di una serie di elementi – isolabili e classificabili immagino con l’osservazione – dalla cui combinazione prende forma la forma che prende. Elemento potenziale dunque, che trova il suo carburante in una specifica contestualizzazione mental-socio-culturale. Dove si sviluppa secondo criteri trasformistici, come un che ne so un mostro-cattivo da manga giapponese che si trasforma e prende forme altre, passando da affezione ( di stampo erotico per lo più), a bisogno ( dalle svariate e colorite sfaccettature), a stabiriasi* ( di matrice etica) . * = figura retorica ( non so quale) che unisce i termini stabilità a quello di satiriasi, per dotare il primo delle caratteristiche del secondo. Per essere più chiari: sfrenato desiderio di stabilità. Questo sfrenato desiderio di stabilità, che poi dovrà fare i conti – se non altro ai giorni nostri – con il bombardamento continuo dei centri da affezione di stampo erotico ma lasciamo perdere, come potrebbe mai costituirsi in un essere che sente bisogni che ne sono l’esatto contrario? Tornano i conti? Affinché in un cervello si costituisca un tale bisogno, bisogna che combacino alcuni elementi, intrinsechi ed estrinsechi alla natura umana. Alcune conformazioni cerebrali – che statene certi fra un po’ le neuroscienze sapranno spiegarci dettagliatamente – alcuni circuiti sinaptici, alcuni sguazzamenti mielinici permettono determinati specifici scambi informazionali che formano in combutta con le specifiche provenienti dall’esterno, le idee, fra le quali, quella dell’amore, pensato come idea, come paradigma comportamentale, quindi etico. Il lato etico dell’amour. Stabile perlopiù nel caso della nostra società in quanto sedentaria ed incline alla formazione di rapporti che si perpetuino nel tempo in simbiosi con il modo di svolgersi delle vite che la vivono. Ecco il potenziamento sedentario! Per gli stessi princìpi però, gli stessi elementi organizzati in maniera altra – e statene certi che fra un po’ le neuroscienze sapranno spiegarci dettagliatamente – sono anche in grado di creare una forma alternativa alla precedente che non riesca a raggiungere nelle sue dovute – allo scorrere credo sia giusto dire – trasformazioni quella stessa forma etica, giacché qualche elemento risulta essere divergente. E’ come con la pizza: la base è più o meno la stessa e il ventaglio degli ingredienti pure, a determinare le differenze è la combinazione. Così pensando ad un Rimbaud, ad un Kerouac, ad un Garcia Marquez o a qualsivoglia viaggiatore, a qualsivoglia nomade, fisico o mentale che sia, mi immagino che in menti del genere un principio quale la stabiriasi non possa davvero, non possa. Non si tratta di una scelta, ma di una condizione. Così come per ognuno di noi, costretti dalle nostre condizioni.
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