Seminario sul pettegolezzo all’Università di Messina

“Se tutti gli uomini sapessero cosa gli altri dicono di loro… non ci sarebbero quattro amici al mondo”

Blaise Pascal

Pare che nel 2011 la Corte di Cassazione abbia emesso una sentenza di condanna sul pettegolezzo in ufficio, valutato alla stregua della diffamazione e della violazione della privacy. Questo l’oggetto delle riflessioni del Prof. Antonio Bruno, Ricercatore di Psichiatria presso l’Università di Messina, che ha dato vita al primo di una serie di seminari di Psichiatria e Psicologia clinica, introdotti e patrocinati dal Direttore della Scuola di Specializzazione in Psichiatria e dell’U.O. Di Psichiatria del Policlinico Universitario di Messina, il Prof. Rocco Zoccali:

“Il pettegolezzo, esiste da sempre; ad esempio nel mito di Tesèo, valoroso fanciullo che partì per sfidare il Minotauro del labirinto di Creta. Si dice che Tesèo, sconfitto il Minotauro, di ritorno dall’impresa si dimenticò di cambiare le vele da nere a bianche, come aveva promesso al padre Egeo. Interpretandolo come segno di morte, Egeo si uccise tragicamente. Le malelingue vogliono però che quella di Tesèo non fu proprio una dimenticanza… dal momento che divenne re”.

Ma come si può affrontare il tema del pettegolezzo dal punto di vista scientifico? Questo il quesito della Prof.ssa Francesca Cuzzocrea, Associato di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione. “La definizione del vocabolo ha in sé una connotazione negativa, che ha come obiettivo l’esclusione sociale e veicola una intenzionalità aggressiva. Ma alcuni autori, invece, ne sostengono la funzione positiva: l’apprendimento sociale ed affettivo, l’incremento della coesione, la possibilità dare senso a situazioni ambigue, il controllo sociale. Bisogna quindi distinguere fra gossip pro-sociale, messo in atto allo scopo di fare rete, ed il gossip pro-self, che ha lo scopo dell’autoaffermazione e della dominanza. Tutto dipende dalle intenzioni”.

Il prof. Sebastiano Nucera, Ricercatore in Sociologia, ha invece sottolineato che “dal punto di vista sociologico, vengono selezionate quelle pratiche che hanno una funzione e ciò vale anche per il pettegolezzo, assimilabile ad alcune pratiche che si osservano nel mondo animale, come il grooming. In questo senso il pettegolezzo può essere considerato una tecnologia, che si è conservata per la sua funzione sociale”.

La Prof.ssa Anna Muscatello, Associato di Psichiatria, ha invece posto l’accento sul mondo psicopatologico, con riferimento al fatto che “nelle gravi patologie non si è in grado di fare pettegolezzo, invece questo è possibile quando si verifica una sorta di erosione empatica, che può essere temporanea, se dovuta ad uno stato emotivo, o stabile ovvero un tratto di narcisismo, per cui l’individuo teme che gli altri lo invidino o è invidioso. Un pettegolezzo aggressivo può anche indicare una rabbia narcisistica, che insorge da una ferita che si desidera vendicare. Gli studi, indicano anche che è più pettegolo chi più è insoddisfatto rispetto ai propri bisogni e chi subisce più frustrazioni dell’Identità”.

Dal punto di vista psicoanalitico, aggiunge il Prof. Massimo Cacciola, Psicoanalista SPI: “Il pettegolezzo è un impulso sociale che non può essere affrontato ufficialmente. La diceria è ciò che la gente pensa, crede o desidera, ma che non ha il coraggio di sostenere. Attraverso il meccanismo di scissione l’Io rinunzia all’unitarietà pur di liberarsi dall’angoscia “non sono io, è l’altro”, celando un desiderio di voyeurismo (assistere all’intimità, ndr) nei confronti della vita intima e sessuale, delle cose che la persona vorrebbe tenere per sé”.

Infine il Prof. Salvatore Settineri, Associato di Psicologia Clinica, conclude proponendo una riflessione sull’intensità del pettegolezzo, con l’ascolto del brano di Rossini tratto da Il Barbiere di Siviglia – La Calunnia che col suo ritmo ne mostra bene i gradi: dall’insinuarsi sibilante della diceria, al tuono potente e distruttivo che può scatenare la calunnia nella vita di chi la riceve.

In copertina: La Calunnia, Botticelli 1496

 

pettegolezzo

Amelia Rizzo

Amelia Rizzo

Amelia Rizzo, classe 1986. Si laurea in Scienze Cognitive e Psicologia presso l'Università degli Studi di Messina. Collezionista di titoli, a causa della sua passione per la Ricerca viene condannata a tre anni di Dottorato, ma pare ne abbia già scontato la metà. Chiamata a curare la rubrica di #psycologia, non ha potuto rifiutare questa insolita richiesta d'aiuto.
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