È possibile prevedere un crimine? L’osservazione criminologica e la predizione del comportamento delittuoso

Quante volte, dopo il compimento di un reato, l’opinione pubblica ha parlato di “delitto annunciato” o si è chiesta se l’evento si sarebbe potuto, in qualche modo, prevedere e quindi evitare?
Oggi parliamo di una fase delicata che la criminologia è chiamata a svolgere: quella del momento prognostico o fase predittiva. Questa scienza, infatti, non è chiamata ad esprimersi solo in una fase successiva alla realizzazione di un crimine, ma interviene anche in una fase precedente (predittiva appunto) in cui si pronuncia in merito all’eventualità della reiterazione di un comportamento delittuoso. Si tratta della predizione probabilistica della futura condotta del reo, di una potenziale recidiva o della sua eventuale pericolosità sociale.
L’art. 203 c.p. stabilisce che «è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell’articolo precedente, quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati».

La previsione è un momento molto delicato, perché non si basa su certezze bensì su incognite. Il ragionamento di base che viene effettuato si fonda innanzitutto sulle analogie: se in letteratura o sulla base dell’esperienza professionale, si evince che soggetti accomunati dalle medesime caratteristiche personologiche e microsociali hanno seguito la medesima evoluzione comportamentale, si può ritenere che anche il caso sottoposto all’osservazione criminologica del momento – che presenta le stesse analogie – seguirà la medesima evoluzione. Ma la valutazione prognostica non può mai essere attendibile al cento per cento, perché le variabili che entrano in gioco sono davvero innumerevoli e in esse può essere in agguato l’eccezione e quindi l’errore. Avere a mente ciò, porta un bravo professionista a formulare giudizi con consapevolezza e prudenza.
La statistica e la legge dei grandi numeri sono, per definizione, imperfette: possiamo sapere che nel 99% dei casi un fatto sia avvenuto seguendo certe modalità, ma l’1% rimane scoperto e può essere proprio il caso sottoposto alla nostra osservazione. Bisogna sempre tenerlo a mente.
Questo accade perché gli uomini non sono macchine che agiscono secondo schemi meccanicistici e quindi prevedibili, ma dispongono di libero arbitrio e di libertà di scelta che, incontrandosi col fatto contingente, generano un’azione.
La criminologia, pur tenendo in considerazione ciò, ha cercato di studiare metodologie predittive concentrandosi principalmente su due elementi:

  • La persona con tutte le sue innumerevoli caratteristiche: possono influire negativamente sulla condotta futura del soggetto fattori pre e perinatali, come i problemi nello sviluppo del sistema nervoso centrale del feto dovuti a comportamenti pericolosi della madre in gravidanza (uso di droga, denutrizione o esposizione ad agenti tossici); e fattori anomali del soggetto (disturbo da deficit di attenzione con iperattività, bassa intelligenza, disturbi di personalità, alcolismo, tossicodipendenza, sfavorevoli condizioni socio-economiche ecc…).
  • La famiglia di origine: sono più esposti a rischio di criminalità quei soggetti che provengono da famiglie disgregate, assenti da un punto di vista affettivo, inadeguate in termini di cura e di attenzioni.

Esistono, tuttavia, una serie di fattori “protettivi” che controbilanciano quelli negativi, riducendo il rischio di atti criminali; tra questi, per esempio, l’instaurazione di un buon legame con un adulto (anche se non è un genitore). Per questo motivo è fondamentale avere una visione d’insieme – e mai segmentata – del soggetto e della situazione che si è chiamati ad analizzare.

É doveroso fare una puntualizzazione in merito agli effetti che un giudizio prognostico può generare nel soggetto sottoposto ad osservazione: un eventuale giudizio sfavorevole può generare una serie di meccanismi psicologici negativi – in chi la riceve – e di reazioni sociali stigmatizzanti ed emarginanti – da parte della società che ne viene a conoscenza – che possono inesorabilmente condizionarne la condotta. Si tratta di una sorta di “profezia che si autoadempie”, che rende ancor meglio l’idea della delicatezza di un momento che contiene in sè molteplici vulnerabilità e che il criminologo deve gestire con la massima prudenza, avendo sempre ben presente la relatività dei giudizi che esprime.

Sonia Bucolo

Sonia Bucolo

Criminologa ed Esperta al Tribunale di Sorveglianza di Messina, si laurea in Scienze Politiche e si specializza in Criminologia. Oggi prosegue i suoi studi in Psicologia, coniugando studio e lavoro. Studiosa del fenomeno criminoso e dei fenomeni carcerari, nella loro complessità, cura la rubrica di Criminologia di scirokko.it, occupandosi dell'analisi e della divulgazione delle fattispecie criminologiche.
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