Principessa Mafalda – la Savoia morta in un lager | scirokko.it

All’indomani della seconda guerra mondiale la casa Savoia, ritenuta in gran parte responsabile della salita al potere del fascismo e, conseguentemente, della stessa entrata in guerra a fianco della Germania, veniva privata del potere monarchico ed esiliata. Non fu tuttavia questa la sola perdita dei sovrani, a questi il secondo conflitto mondiale aveva portato via qualcosa di ben più prezioso, una figlia: Mafalda.

Secondogenita di Vittorio Emanuele III e di Elena del Montenegro, Mafalda già durante il primo conflitto mondiale si prodigò per il benessere della popolazione. Sempre a fianco della madre e delle sorelle la giovane principessa non lesinò grandi atti di altruismo verso poveri e feriti di guerra. Poco più che ventenne si innamora di Filippo d’Assia landgravio tedesco che, superati gli ostacoli posti da famiglia, Vaticano e Fascismo – a causa della fede protestante di quest’ultimo – sposa nel 1925. L’unione prosegue felice e coronata da quattro splendidi figli fino al 28 agosto del 1943, giorno in cui la vita di Mafalda è destinata a cambiare.

È il 28 agosto del 1943 quando a Villa Savoia giunge la notizia della morte di re Boris, re di Bulgaria e marito della sorella di Mafalda, Giovanna di Savoia. Tradizione vuole che la famiglia reale partecipi ai funerali di un membro della famiglia, tuttavia l’Italia si trova in un momento storico estremamente delicato in quanto in procinto di firmare l’armistizio con le forze alleate voltando le spalle ai tedeschi; lasciare dunque Roma in un contesto del genere sarebbe stato estremamente rischioso. Si decide di mandare unicamente Mafalda – ignara della situazione italiana – ai funerali, la quale, in quanto moglie di un generale tedesco, sarebbe stata certamente trattata con grande riguardo. Conclusisi i funerali, di ritorno verso Roma, la principessa viene messa al corrente della situazione italiana dalla regina Elena di Romania nel tentativo di farla desistere dal rientro in Italia, tuttavia Mafalda, anch’essa convinta di non aver nulla da temere nei confronti dei tedeschi, decide di tornare ugualmente in patria per potersi ricongiungere ai figli e alla famiglia.

Le sue aspettative vennero presto deluse, la principessa Mafalda infatti, fece appena in tempo a rivedere brevemente i figli, protetti in Vaticano da quello che sarebbe diventato poi Papa Paolo VI, prima di essere arrestata e deportata nel Lager di Buchenwald. Qui viene rinchiusa nella baracca n° 15 sotto falso nome e con il divieto assoluto di rivelare la propria identità. Per quanto trattata con un occhio di riguardo, il freddo glaciale e la scarsa igiene provarono moltissimo la principessa e quando a seguito di bombardamenti anglo-americani la sua baracca fu distrutta, Mafalda riportò gravissime ustioni che, appositamente mal curate – non era raro nei lager che, per assassinare personaggi di riguardo, non gli si prestassero le cure necessarie – portarono alla gangrena e, il 28 agosto 1944, alla morte.

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