#E-mozioni: arrabbiarsi è normale ma nessuno ci insegna come fare

Pensate all’ultima volta che vi siete arrabbiati, non semplicemente irritati, ma quando avete provato quell’emozione accompagnata da sensazioni fisiche molto potenti: quel bruciore, come se ci fosse un fuoco nello stomaco, quella sensazione che il sangue stia affluendo velocemente alle viscere, agli occhi, alle vene del collo, le mani che “prudono” e si stringono in pugni, il desiderio montante di urlare, scagliare o rompere un oggetto.

La Rabbia è un’emozione primitiva, oltre che primaria, e ci prepara ad un attacco, che avrebbe il compito di ristabilire un equilibrio, dopo il danno subìto, in quanto è la conseguenza della frustrazione per il mancato raggiungimento di un desiderio. In questo senso anche gli animali si arrabbiano quando non soddisfano il bisogno di alimentarsi, tanto che alcuni – psicopatici e perversi – hanno sfruttato il digiuno per rendere gli animali aggressivi e spietati nei combattimenti. Lo stesso vale per i bambini: provate a togliere loro un giocattolo mentre si divertono.

Questi esempi danno la dimensione di quanto la rabbia sia ancestrale. Tuttavia per motivi naturalmente sociali non è utile comportarsi né come gli animali né come i bambini. Però nessuno ci insegna a gestire la rabbia, nonostante ogni individuo debba farci i conti. In alcuni ambienti essere aggressivi sembra l’unico modo di sopravvivere. In altri è inaccettabile esprimere dissenso, frustrazione, un diritto leso, per non parlare degli effetti culturali e di genere per cui “una brava bambina non si arrabbia, non urla, non piange”.

Ma l’emozione è una energia – psichica e fisica – che si attiva e ha tre strade.

La prima è l’impulso e ne sono un esempio i terribili fatti di cronaca, laddove la frustrazione di un uomo lasciato, di un passeggero senza biglietto, di una mendicante a cui ci rifiutiamo di dare qualche spiccio passa direttamente all’azione (acting out, ndr), senza freni, senza valutare le conseguenze (plausibilmente compatibile ad un ipo-funzionamento dei lobi frontali, ndr), senza dare valore alla vita dell’altro: un mero oggetto che ci impedisce di realizzare il nostro desiderio e va pertanto eliminato.

La seconda è l’inibizione, che è altrettanto pericolosa. Anche se si ha l’impressione che l’emozione di rabbia non vada espressa, per timore di ferire, di perdere l’altro, perchè sembra inaccettabile ed egoistica, non esprimerla non significa spegnerla. E’ un fuoco che arde, è una ferita che brucia, un’ingiustizia che tanto più è grave quanto più si attribuisce responsabilità a chi ha inflitto il danno. Ma il silenzio non è una soluzione. Quell’energia prenderà quasi certamente una via somatica: in cerca di una scarica, il corpo se la prenderà con se stesso. Quel “fuoco” diventerà gastrite, colon irritabile, disturbo digestivo, cefalea, contrattura muscolare, ulcera. E poiché, molto semplicemente, il colon deve svolgere le funzioni biologiche di un colon, quando deve assolvere ad una funzione psichica, che non gli compete, si ammala.

La terza via è la mentalizzazione. In questo caso, si resiste all’impulso di lanciare un posacenere e allo stesso tempo si riflette su come ristabilire l’equilibrio, come far presente il danno subìto senza ferire – né fisicamente né psichicamente – l’altro. Abbiamo il diritto di arrabbiarci e probabilmente è lecito anche provare il desiderio di vendetta. Ma la via della comprensione è quella che tendenzialmente lascia tutti vittoriosi, senza morti sul campo di battaglia. La formula del “quando hai fatto questa cosa mi sono arrabbiato” ha notevoli vantaggi: ristabilisce l’equilibrio, scarica l’energia, mantiene la relazione e previene le ulcere.

E tu quale via prendi?

Per esplorare il proprio stile può essere utile questo quizTest di autocontrollo.

Amelia Rizzo

Amelia Rizzo

Amelia Rizzo, classe 1986. Si laurea in Scienze Cognitive e Psicologia presso l'Università degli Studi di Messina. Collezionista di titoli, a causa della sua passione per la Ricerca viene condannata a tre anni di Dottorato, ma pare ne abbia già scontato la metà. Chiamata a curare la rubrica di #psycologia, non ha potuto rifiutare questa insolita richiesta d'aiuto.
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