“Gran Mirci a Messina”

L’epigrafe in bronzo dei cancelli di Palazzo Zanca: “GRAN MIRCI“, ripete un’antica iscrizione su pietra murata tra il 1512 e il 1528 sull’architrave della porta della torretta d’accesso all’antica torre campanaria, poi recuperata tra le macerie del sisma del 1908 e restaurata dal Valenti, posta alla base del campanile si conservò fino al 1943.

Per comprendere il significato di questa iscrizione è opportuno conoscere gli avvenimenti legati alla spedizione messinese in terra calcidica nell’anno 407 d. C. Nella primavera dello stesso anno, Arcadio è chiamato a fronteggiare la ribellione di alcuni popoli sudditi di frontiera. Tra questi i Bulgari di Assiriello, avendo stretto alleanza con gli Arcadi di Catillo, vanno ad assediare la città di Tessalonica. L’imperatore organizza l’esercito in Costantinopoli e dopo alcuni giorni di marcia tenta di sbaragliare i ribelli assedianti ma, per una serie di sfavorevoli circostanze, è costretto a riparare in Tessalonica finendo, a sua volta, assediato.

Dibattuto tra carestia e il rischio di epidemie ottiene a caro prezzo una tregua e, per ricevere soccorso, invia messi in ogni parte dell’impero. La richiesta di aiuto giunge a Messina, dove il Consiglio della città, subito riunito da Metrodoro, vota il soccorso ad Arcadio.

In tutto vengono armate diciotto navi. Catillo, informato dell’avvicinarsi della flotta e credendo sconfitto il figlio Romolo, salpa al comando di ventisette navi cercando lo scontro. La battaglia navale si risolve a favore dei messinesi e lo stesso Catillo vi trova la morte. L’ imperatore, per manifestare la propria riconoscenza a Metrodoro, offre onori e privilegi alla città di Messina. Tra questi, in particolare, il diritto di fregiarsi dello stesso vessillo imperiale: la croce d’oro in campo rosso. Ordina altresì che sulla torre campanaria della basilica di Santa Sofia si murasse l’epigrafe scolpita su pietra “GRAN MIRCI A MESSINA“, (“Molte grazie a Messina“).

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